I vent’anni della Fondazione Fontana di Padova e Trento. Sabato scorso la festa di compleanno. Tempo di bilanci. E occasione per guardare a nuove sfide
Fragilità, amicizia, servizio: si riassume in queste tre parole l’impegno ventennale della Fondazione Fontana, ben radicata tra Padova e Trento, dove è nata, ma di casa, si può dire, nel mondo: sia perché è attiva, accanto a coraggiose realtà locali, in Kenya, in Ecuador, nei Balcani e in Israele; sia perché davvero “mondiale” è il respiro, attraverso il portale di informazione Unimondo piuttosto che attraverso l’iniziativa chiamata “World Social Agenda” che porta nelle scuole e a migliaia di ragazze e ragazzi delle province di Padova e Trento tematiche globali (la guerra, le migrazioni, gli Obiettivi di sviluppo del Millennio dell’Onu…), e, ancora, nei diversi altri rivoli nei quali si declina l’azione della Fondazione.
Di fragilità, amicizia e servizio ha parlato sabato scorso don Gabriele Pipinato alla festa di compleanno della Fondazione, presso l’agriturismo Capeeto alla periferia sud di Padova. Don Gabriele Pipinato ha promosso la nascita della Fondazione accompagnandone il cammino per un lungo tratto di strada; oggi, ormai rientrato dalla missione in Kenya, è vicario del vescovo di Padova, Claudio Cipolla, per i beni temporali della Diocesi di quella città. Vent’anni fa, ha spiegato, si incontrarono una fragilità, la sua, perché era ingessato, e quella di Vittorio Fontana, gravemente ammalato, che don Gabriele accompagnò nelle fasi terminali della vita. Per ricordarlo nacque, per volontà della moglie Maria, la Fondazione Fontana. “Mi rivolsi agli amici, a quelli che conoscevo – ricordava don Gabriele – e si partì tutti da volontari, con spirito di servizio”. Lungo il cammino altri amici si sono aggiunti. Come Simona Atzori, artista versatile – è pittrice e ballerina di livello internazionale –, che della sua fragilità (è senza le braccia) ha fatto la sua forza. Era una bellezza vederla e sentirla di fronte agli oltre 200 intervenuti alla festa della Fondazione: brillante, spiritosa, caparbia, riempiva la scena con la sua genuina presenza e rendeva concreto quell’hashtag – #infinitepossibilità – che è il claim, lo slogan della campagna pubblicitaria di un notissimo marchio della moda italiana di cui in queste settimane è testimonial, ma che ben si adatta, oltre che a lei, anche alla Fondazione Fontana: fin dalla sua costituzione, la Fondazione si prefigge programmaticamente di lavorare per un mondo “più giusto e solidale”, e per farlo si affida realmente ad ogni persona, perché ciascuno “possa contribuire ad un futuro di dignità e libertà per tutti, nell’uguaglianza, nel dialogo e nella pace”. “Aggregare, mettere in rete è ciò che si prefigge la Fondazione, ribadito anche nello statuto, che ci impedisce di fare progetti da soli”, spiega il direttore Pierino Martinelli. “Così in questi vent’anni siamo stati ‘costretti’ a camminare insieme a moltissime altre realtà, con la fatica che ciò comporta, ma anche con uno straordinario arricchimento reciproco”. Ecco spiegato il sostegno convinto a realtà come L’Arche e Saint Martin Csa in Kenya, impegnate a sconfiggere lo stigma che avvolge la malattia mentale e le varie forme di disabilità, guardando alla persona disabile come a una risorsa per la comunità e attivando la comunità stessa come risorsa (il motto del Saint Martin è proprio “Only Through Community” – Solo attraverso la comunità). Ma quella della cooperazione internazionale è solo una delle strade percorse. L’altro versante dell’impegno è quello educativo. “E’ un’attività che ci sta particolarmente a cuore – dice Martinelli. – Quest’anno a Trento e a Padova parliamo nelle scuole del nostro pianeta e delle scelte che, come governi ma anche come singoli cittadini, possiamo fare per prendercene cura. In questi anni i nostri educatori hanno incontrato quasi 50 mila ragazze e ragazzi. Speriamo che ora vengano da loro stimoli e sollecitazioni alla società e alla politica”.
Per diffondere la conoscenza sulle azioni della Fondazione, negli ultimi anni è stata fatta la scelta di affidarsi a testimonial esterni. Ecco la scelta di invitare persone come Simona Atzori, che è stata più volte a Nyahuruhu in Kenya per conoscere il Saint Martin e condividerne i programmi e l’approccio comunitario, o come Martina Caironi, l’atleta paralimpica con protesi più veloce al mondo, e Piergiorgio Cattani, scrittore, giornalista e direttore del portale www.unimondo.org, affetto da una grave forma di distrofia, protagonisti del docu-film di Marco Zuin “Niente sta scritto”. “Quando ti affidi a un testimonial lo fai per ampliare la tua platea, per dare palco alle tue idee e alle tue azioni”, spiega Martinelli. “Nel nostro caso questa ricerca di visibilità è messa al servizio di una buona causa. Simona Atzori con la sua vita ci dice che davvero ‘Niente sta scritto’, come ci testimoniano anche Martina Caironi e Piergiorgio Cattani. Simona ci dice che non bisogna porre limiti ai propri sogni. E che dalla vulnerabilità, dalla fragilità, dai nostri limiti può nascere un miglioramento personale e comunitario, che stupisce. Tutti abbiamo delle vulnerabilità, ma questo deve essere non un punto di arrivo, ma di partenza per dimostrare che quella vulnerabilità può trasformarsi in relazione, in forza”.
Italo Battiston
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