Come un gatto in tangenziale

Lunga quasi 16 chilometri, fu realizzata in cinque tranche nel giro di circa 30 anni

L'anno prossimo la tangenziale di Trento compirà mezzo secolo. Da quel 1969 in cui la Provincia avviò la costruzione del primo tratto, quello tra Trento sud e Piedicastello, il mondo è cambiato parecchio e con esso la mobilità dentro e fuori la città del Concilio.

L’arteria realizzata 50 anni fa con lungimiranza per migliorare la fluidità della circolazione stradale, passando all’esterno del centro, oggi è alle prese con una fragilità che di fatto ha impatti negativi su tutta la viabilità provinciale. Un qualsiasi tamponamento tra l’uscita 2 (Trento Sud) e l’uscita 9 (Trento Nord), infatti, è in grado di mandare in tilt il traffico per ore; per non parlare dei cronici rallentamenti mattutini e tardo-pomeridiani negli svincoli 6 (Trento Centro), 7 (Campotrentino) e 8 (Interporto). Questo a causa di alcune caratteristiche strutturali “datate” e soprattutto dell’elevata velocità con la quale la circonvallazione viene percorsa (vedi nel riquadro le parole di Pierangelo Vescovi, commissario capo della Polizia locale di Trento).

A Piazza Dante la delicata situazione della tangenziale è nota; la soluzione a ingorghi e incidenti è stata individuata all'interno del piano di investimenti legato al rinnovo della concessione trentennale di A22. Alias lo spostamento in galleria sotto il Bondone dell'autostrada con la tangenziale pronta a “trasferirsi” sul sedime della Modena-Brennero nel tratto tra San Nicolò e Ischia Podetti. Un passaggio, questo, che però è strettamente legato ai risultati delle imminenti elezioni provinciali e agli equilibri del governo nazionale a tinta gialloverde.

Ma facciamo un passo indietro per esaminare, dati alla mano, lo stato di salute della principale arteria di collegamento tra il settentrione e il meridione di Trento. La tangenziale in totale è lunga circa 16 chilometri ed è stata realizzata in cinque tranche nel giro di circa 30 anni: dal 1969 al 1973 il tratto tra Trento Sud e Piedicastello, dal 1975 al 1978 quello tra Campotrentino e Trento Nord-Gardolo, tra il 2003 e il 2007 il collegamento con Mattarello, lo snodo Trento Est e le gallerie di Martignano, oltre alle nuove gallerie del Doss Trento.

Il tratto più “antico”, quello cittadino, è quello con maggiore incidentalità, frutto della presenza di cinque uscite intermedie distribuite su 7,5 chilometri e di un flusso veicolare che è il più elevato di tutta la tangenziale: nel 2007 erano 43 mila le auto che giornalmente transitavano tra l’uscita 2 e la 8, salite a 50 mila nel 2017. Non scherza nemmeno la parte più settentrionale, con oltre 45 mila veicoli giorno (erano 36 mila nel 2007).

Tanto traffico su una striscia di asfalto molto stretta: a Piedicastello la corsia di marcia è larga 3,20 metri, che scendono a 3,15 a Campotrentino e addirittura a 3,10 sul viadotto di Canova, dove tra singola carreggiata e banchine laterali si arriva a stento a 6,60 metri. Uno spazio che andava bene per gli 1,3 metri di stazza della Cinquecento degli anni Sessanta, ma che è decisamente poco confortevole per gli 1,80 di un’utilitaria contemporanea.

Nel 2016 gli incidenti su quel tratto di circonvallazione sono stati 35, contro gli 8 della parte nord e uno di Mattarello. Se si guarda l’incidentalità, però, negli ultimi dieci anni essa è rimasta pressoché invariata, pur essendo aumentato di circa il 19% il totale dei chilometri percorsi sull’intera circonvallazione. Un dato, questo, che gli stessi tecnici della Provincia invitano a prendere con le pinze: al di là dei numeri, ogni singolo tamponamento mette in ginocchio la viabilità, spaccando il Trentino in due.

Per prevenire i sinistri, nel corso degli anni il Servizio gestione strade ha provveduto a limitare il traffico in alcuni tratti ai mezzi più lenti, ha numerato le uscite per semplificare le operazioni di scelta degli automobilisti e ha incrementato la segnaletica per evitare i contromano.

Il tema vero, però, spiegano da Piazza Dante, è che la tangenziale viene percorsa a velocità superiori a quelle che può “tollerare”: un qualsiasi inconveniente – dal veicolo che procede lentamente, alla pioggia, alla frenata improvvisa nei pressi delle immissioni – fa perdere efficienza alla strada in termini di sicurezza. In altre parole, per sopportare l’attuale mole di traffico con 20 mila veicoli al giorno in arrivo solo dalla Valsugana, sarebbe necessario rettificare il tracciato sotto diversi aspetti, cosa impossibile vista la carenza di spazio.

Ecco che allora la soluzione di “occupare” il tracciato dell'attuale A22 appare particolarmente allettante, anche nell'ottica di riconnettere il tessuto urbano con il fiume Adige (in questa direzione vanno già la riqualificazione di Piedicastello, la realizzazione del quartiere Albere e i progetti di interramento della ferrovia con spostamento della stazione).

Un nuovo assetto urbanistico che non può prescindere dal rafforzamento dell'unico collegamento nord-sud della città che però, spiegano i tecnici, è irrimediabilmente legato al rinnovo della concessione A22. Il piano di investimenti ad esso connesso, tra le altre cose, prevede la realizzazione dal 2025 di due gallerie a tre canne per bypassare Trento, l'allargamento degli svincoli più ostici e il rifacimento del ponte di Ravina. Interventi molto costosi che, senza il finanziamento di A22, sarebbero inattuabili. Di certo la Provincia sta incrociando le dita affinché il governo decida per la concessione diretta alla Regione Trentino-Alto Adige e agli altri soci pubblici territoriali. Solo così la tangenziale potrà tornare a nuova vita.

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