Da poco in Italia dopo 16 anni, racconta il nuovo volto del Paese magiaro, osservatore privilegiato del nuovo corso del primo ministro “sovranista” Victor Orban. Che il 28 agosto a Milano ha incontrato il ministro dell’Interno Salvini
Era stato inviato per una specie di missione interna in Ungheria dai superiori nel 2001, Padre Leopoldo, cappuccino, veneto di Adria, Rovigo. Radunare e ricomporre la comunità dei religiosi, sostenerla – dal punto di vista psicologico e della salute in genere – dopo che questi erano stati costretti ad uscire dai conventi (ne erano stati requisiti diversi) dal regime comunista. Vi è rimasto per 16 anni. E’ tornato in Italia da poco tempo.
Dunque, quello di padre Leopoldo è un “punto di osservazione” privilegiato per dare uno sguardo sulla società ungherese. Una società “uscita dal comunismo e approdata al consumismo” – è un suo giudizio sintetico ma molto efficace per cercare di capire l’evoluzione del tessuto sociale magiaro. “Soldi, lavoro, fabbriche, viaggi.” Da quando nel 2005 sono arrivati – e pure in misura massiccia – gli aiuti da parte dell’Unione europea, l’Ungheria ha cambiato volto. I cappuccini ungheresi erano stati soppressi nel 1956, l’anno dell’invasione sovietica a Budapest che tante crisi di coscienza aveva suscitato anche in esponenti di spicco della sinistra italiana (pensiamo ad Antonio Giolitti).
“Non esistevano più ufficialmente” i frati cappuccini, come altri religiosi. Erano stati privati di 11 conventi. Costretti ad andare a cercarsi un lavoro. Dispersi, per lunghi anni. Quelli che padre Leopoldo ha trovato – dopo averli cercati – erano confratelli “anziani, malmessi, santi”.
Chiedo perché “santi”. Perché – mi risponde convinto – sono stati umili e perseveranti. Non hanno “buttato” la loro vocazione, sono rimasti fedeli nelle loro convinzioni e nella loro fede quando c’erano tutte le premesse per disperdersi e diventare religiosamente anonimi. “Il loro era uno stile francescano eccellente. Erano stimati e non a caso sono rimasti nel cuore della gente”. “Il mio compito era quello di cercarli, accoglierli e formarli”. Si erano formate anche vocazioni clandestine – emerse nell’ombra, ma con solide basi e convinzioni personali: sono ben 89 i frati “riemersi”. Oggi sono rimasti 4 conventi in cui si svolgono attività sociali, c’è un ospedale, una scuola, la presenza anche di una parrocchia.
Il giudizio su Victor Orbàn è fin troppo benevolo, però – a quanto si capisce – fondato su dati il più possibile oggettivi. Il fatto che è persona capace e onesta. E per questo è amato dalla gente, che non a caso lo ha votato con convinzione. E la questione dei migranti, che non vuole assolutamente ospitare? Che accetta ben volentieri i denari dell’Unione Europea e non è disposto (lui e il suo governo) ad accogliere nessuno? Padre Leopoldo in qualche modo “giustifica” questa posizione intransigente del governo magiaro col fatto “storico” di quanto hanno sofferto gli ungheresi sotto i turchi per 150 anni. “La storia dell’Ungheria – sottolinea il frate cappuccino – è una storia di accoglienza!”. Romania, Croazia, Repubblica Ceca e Slovacchia erano Ungheria.
“L’Ungheria che ha circa 10 milioni di abitanti ha anche 1 milione di ‘zingari’ a cui assicura case, lavoro, scuola per i propri figli”. Per padre Leopoldo occorre conoscere come stanno realmente le cose, “superare le dicerie”, guardare a quello che fa realmente il governo per la propria gente. Con il Trattato di Trianon, l’Ungheria fu privata di 2/3 del proprio territorio. Non è proprio una storia di sopraffazione da parte degli ungheresi, piuttosto essi hanno subito una serie di umiliazioni “storiche” che ne hanno cementato il carattere “nazionalistico”, un nazionalismo sentito con fierezza e non come mero egoismo. Forse è anche per questo che la popolazione – secondo padre Leopoldo – si sente “orgogliosa” della politica portata avanti da Victor Orbàn.
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