somm: Urgente intervento sulle facciate della sede arcivescovile, a rischio di caduta degli intonaci e dei materiali lapidei
Sono cominciati da un mese gli attesi lavori di restauro delle facciate di palazzo Ceschi, l'edificio che ospita dal 1922 l'episcopio e gli uffici dell'Arcidiocesi. L'intervento riguarda tutte le facciate dello storico edificio che “chiude” ad est la popolare Piazza Fiera, ricostruito in stile neorinascimentale tra il 1872 e il 1873 dai fratelli Ceschi di Santa Croce su progetto dell'architetto Ignazio Liberi che reimpiegò il portale dell'edificio preesistente. Da quest'ingresso – che vide passare anche Giovanni Paolo II nella sua visita del 1995 – si risale idealmente in retrospettiva storica fino alla fine del Cinquecento con il palazzo della famiglia Peregrini, ceduto nel 1633 al principe vescovo Carlo Emanuele Madruzzo e, appena 7 anni dopo, alla famiglia Particella: dai fratelli Lodovico e Vincenzo passò poi ai nipoti Giuseppe e Ginevra; fu lasciato in donazione all'Istituto dei sordomuti che lo vendette nel 1871 ai fratelli Luigi e Giovanni Battista, i baroni Ceschi.
I ponteggi che fasciano da qualche settimana quella che i trentini chiamano familiarmente “la Curia” – prima il “nascosto” lato est, ora a nord – racchiudono dunque una storia che appartiene a questo angolo di città all'ombra delle mura.
A rendere urgente il restauro, progettato dall'architetto Ivo Fadanelli nel 2011 e condotto d'intesa con l'architetto Fabio Campolongo per la Soprintendenza Beni Culturali, sono state le conferme sull'avanzato stato di degrado delle facciate con il rischio di distacchi – degli intonaci, dei materiali lapidei e anche di alcuni elementi prefabbricati in cemento che coronano le facciate – in una zona molto frequentata. Ammalorata e pericolosa si è presentata la situazione degli intonaci, soprattutto nella facciata principale più esposta alle intemperie, con evidenti fessurazioni ed estese porzioni in fase di distacco.
A rischio caduta anche gli elementi lapidei, di tre diversi tipi: dolomia, bianco di pila e soprattutto il verdello di Trento, una pietra che per la sua composizione argillosa si presenta molto friabile, soggetta ad una continua esfogliazione. Una situazione di rischio per i passanti ritrovata anche nei restauri effettuati sulle facciate dei vicini palazzi risalenti alla stessa epoca che ospitano il Tribunale e le scuole Crispi.
“Possiamo dire che i fenomeni di degrado sono da ascrivere in gran parte alla cattiva qualità della pietra utilizzata nella costruzione del palazzo da parte delle maestranze dell’epoca, ed al normale ammaloramento delle superfici ad intonaco che in più punti si presentano fessurate e distaccate dal supporto murario”, spiega l’architetto Roberto Paoli, direttore dei lavori. Che aggiunge: “Dopo i sondaggi che hanno consentito di individuare le finiture originarie dell’edificio, si è deciso di provvedere alla tinteggiatura, necessaria per dare un aspetto unitario e composto alle facciate del palazzo, riprendendo le cromie evidenziate nelle stratigrafie”. Il vestito “nuovo” di palazzo Ceschi riprenderà le originarie cromie calde in sintonia con le vicine scuole Crispi ed il Tribunale.
L’intervento condotto dai restauratori del Consorzio Ars (sono all'opera con i loro dipendenti Andrea Corradini, Rudi Patauner e Ingrid Ceolin) riproporrà anche riportare all’aspetto originario di alcuni elementi che ornano le finestre della facciata est.
I lavori termineranno a metà dicembre, hanno un costo complessivo di 170 mila euro e sono stati finanziati in parte con i proventi dell’otto per mille, consentireanno all’Arcidiocesi di poter anche restituire alla città uno dei suo palazzi più noti, impreziosito da un intervento necessario che lo rende soprattutto più sicuro prima ancora che elegante.
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