Grazie ai “corridoi umanitari”, 139 profughi somali ed etiopi sbarcano a Fiumicino mercoledì 27 giugno. Salgono così a 327 i rifugiati giunti in Italia in modo legale e sicuro, sui 500 previsti in due anni. Il viaggio dei primi arrivati, il 29 febbraio 2016, riparati in Libano dalla Siria, l’abbiamo raccontato su queste pagine. “Questa è l’Italia che stiamo costruendo insieme attraverso l’esperienza bella dei corridoi umanitari che ci libera dal tifo da stadio che non ci porta da nessuna parte”, sottolinea mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Cei e presidente dell’Apsa (Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica). Alla vigilia dell’incontro del Consiglio europeo durante il quale si discuterà della riforma del regolamento di Dublino – sul tavolo c’è la proposta, approvata a larghissima maggioranza dal Parlamento europeo per superare la clausola del primo paese d’ingresso che costringe moltissimi migranti a rimanere in paesi dove non vogliono stare, e tra questi c’è l’Italia -, mons. Galantino si augura “che l’Europa non si disgreghi sui valori, e tra questi c’è l’accoglienza”.
Nello stesso giorno, in diverse città europee e in moltissime città italiane tantissime altre organizzazioni – dalle Acli all’Arci, dalla Cgil a Emergency, Oxfam, Save the Children, Amnesty International… – si mobilitano, in contemporanea, nel pomeriggio, per chiedere ai governi europei il rispetto del principio di solidarietà su cui è fondata l’Unione Europea, la riforma del trattato di Dublino con una giusta ripartizione delle persone richiedenti asilo fra gli stati europei “nel rispetto dei legami significativi dei richiedenti”, la creazione di vie sicure di accesso ai Paesi europei. Abbandonando “politiche contrarie al principio dell’universalità dei diritti dell’uomo”, come ricorda la Focsiv, la Federazione delle associazioni di volontariato di ispirazione cristiana.
A Trento alle 17 si radunano in piazza Dante circa 300 persone, in risposta alla chiamata alla mobilitazione di un cartello di associazioni e realtà impegnate – è il caso di dirlo – sulla frontiera delle migrazioni: JEF Trento, Centro Astalli Trento, Forumpace Trentino, UDU Trento, Libera Trentino, Oltre l’Accoglienza – c’è posto anche per te – ONLUS, Divieto di Sosta, Petition for a Europe of Solidarity, Laici trentini per i diritti civili, Non una di meno – Trento, Il problema degli altri, FUCI Trento, Arci del Trentino, GR.I.S. Trentino. Sventola qualche bandiera della pace. Moltissimi, che forse hanno già dato la loro adesione sul sito della mobilitazione europea (europeansolidarity.eu/it), depositano ai piedi della sagoma di cartone che rappresenta un’imbarcazione le barchette di carta con la scritta #ChangeDublin e #EuropeanSolidarity, gli slogan che dalla mattina rimbalzano sui social media e nelle caselle di posta dei cosiddetti “grandi”, le cui decisioni il 28 giugno condizioneranno la vita di migliaia di uomini e donne. Danno così voce a quella parte di Europa che è solidale, e che esiste. Per l’Italia lo conferma l’indagine Ue.Coop/Ixè presentata la stessa mattina del 27 all’assemblea elettiva nazionale dell’Unione europea delle Cooperative “Un’altra cooperazione”: otto italiani su 10 (il 79 per cento) chiedono di far lavorare gratuitamente in attività di pubblica utilità gli immigrati in cambio dell’accoglienza, anche se per un periodo limitato.
Ai governi d’Europa i manifestanti chiedono di fare, tutti, la loro parte per l’accoglienza dei migranti. Chiedere asilo, ricordano, è un diritto, anche se oggi “regole e politiche ingiuste continuano a far pagare a chi cerca rifugio l’incapacità dei Governi di affrontare sfide comuni con risposte comuni”, proprio come successo alle 629 persone bloccate in mare sulla nave Aquarius, che li aveva raccolti. Al posto del criterio “ingiusto” del “primo Paese di accesso” si chiede un sistema di ricollocamento automatico che valorizzi “i legami significativi dei richiedenti” e imponga “a tutti i Paesi di fare la propria parte”.
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