Ricevendo lunedì 25 giugno in udienza i partecipanti alla XXIV Assemblea della Pontificia Accademia per la Vita, Papa Francesco ha affermato la necessità di una “visione globale della bioetica” per “disinnescare la complicità” con il “lavoro sporco della morte, sostenuto dal peccato”.
“E’ la prima volta che il Papa usa questa terminologia”, spiega l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente Pav, rispondendo ai giornalisti in conferenza stampa. “Il lavoro sporco della morte – afferma – è tutto ciò che – anche attraverso decisioni legislative – in qualche modo ostacola, non aiuta e non sostiene la vita in tutte le sue manifestazioni. Dall’aborto ai vecchi abbandonati all’eutanasia o ai migranti non soccorsi. In questo senso il Papa ci esorta fare in ogni modo il ‘lavoro bello della vita’ e a non essere come Ponzio Pilato che si lava le mani”. Per Paglia occorre diffondere la “consapevolezza della responsabilità di formare le coscienze di tutti, a qualsiasi livello. Un lavoro che chiede accompagnamento e vicinanza” perché “l’abbandono e l’indifferenza sono complicità con il lavoro sporco della morte”. Di qui alcuni esempi: “Non possiamo restare indifferenti a quanto accade nel sud della Libia, come facciamo a non esserne responsabili?”. E ancora: “Crescono gli anziani nel mondo e mentre si assiste ad una corsa per legiferare sull’eutanasia, si registra e un fragoroso silenzio sulla crescita del loro abbandono. Oggi la globalizzazione richiede uno scatto di responsabilità. Se qualcuno si sfila dal patto per ‘ambiente – afferma con evidenti richiami all’attualità – si sollevano ovunque proteste. Perché non accade lo stesso di fronte agli attacchi alla vita umana, ad esempio alle minoranze vessate in tutto il mondo?”. “La vita, sottolinea il Papa, “è sempre da difendere se non vogliamo che la morte continui indisturbata il suo ‘lavoro”.Nel corso dell’udienza, prosegue, “il Papa si è soffermato anche sulla destinazione ultima della vita umana dando un’interpretazione del termine vita in senso globale. E’ importante che abbia sottolineato che il nostro destino non è il nulla, non è essere abbandonati come materiali o scarti di laboratorio: c’è una destinazione che richiede alla Chiesa uno sforzo per trovare parole che aiutino a comprendere questa prospettiva”. Per questo occorre dire no a “legislazioni che rischiano di essere complici del lavoro sporco della morte”.
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