Gestita dal Cts, la Casa ospita ragazze e ragazzi con dipendenze
Arrivando sul posto dove risiede la Comunità si vedono numerosi giovani, che escono alla spicciolata, conversano tra di loro, il clima è gioviale e di armonia.
La Comunità di Casa Giano a Santa Massenza accoglie ragazze e ragazzi, qualcuno anche in età più avanti, con un percorso non facile alle spalle, varie dipendenze e alle volte compresente pure una doppia patologia, psichiatrica e da droghe. Un terreno non facile su cui però gli operatori si ostinano caparbiamente a “lavorare”, con zelo e impegno, dedizione e passione.
E’ da diversi anni, oltre venti, ormai che Casa Giano è insediata nel territorio trentino, in quell’angolo di bellezza naturale aspra, incontaminata e particolare che è una dorsale laterale attigua al lago di Santa Massenza e vicino al lago di Castel Toblino, nelle Sarche, sulla strada per Arco e Riva del Garda.
“Riprenditi la vita”, “Ti aiutiamo passo dopo passo”. Non sono semplici slogan privi di legame concreto con la realtà. Significa un riappropriarsi di se stessi e al tempo stesso la predisposizione ad un accompagnamento graduale e positivo. Per gli operatori di Casa Giano vuol significare, nei contesti quotidiani, una stretta aderenza alla vita concreta delle persone che si trovano davanti. Per queste giovani donne e uomini il percorso è stato spesso accidentato, e se in un primo momento l’impegno della comunità si era concentrato sulla tossicodipendenza da eroina, poi si sono seguite anche altre patologie insorgenti – quelle che emergono dai declivi sconnessi della società – che hanno determinato anche diversi cambiamenti del progetto terapeutico fino a giungere ad un fronte assai arduo, ma non impossibile. Quello delle dipendenze patologiche coesistenti con disturbi psichici anche gravi.
Basta muoversi per la casa, visitare – sia pure per breve tempo – i vari locali interni e luoghi esterni –la cucina, dove diverse persone collaborano alla preparazione del pranzo, l’orto e la campagna dove altri giovani sono impegnati nei lavori agricoli, di messa a coltura e di giardinaggio – per rendersi conto che tutto ruota attorno alla condivisione e alla “solidarietà”.
Il percorso terapeutico è fatto di professionalità – e su questo versante le figure specifiche non mancano, dallo psicoterapeuta al facilitatore di relazione – e di grande umanità, dove gli educatori si “spendono” senza riserva e non si sta certo a guardare l’orologio per quanto attiene all’orario di lavoro.
Per quanto riguarda la parte strettamente terapeutica, molto spazio viene lasciato al “paziente” che si sprona ad essere collaborativo – con tanta pazienza, provando e riprovando -, ma è indubbio che nessuna fuoriuscita dallo stato di dipendenza è possibile senza l’apporto diretto – la volontà – di chi vi è direttamente coinvolto. Insieme al lavoro di squadra, multidisciplinare si direbbe, svolto da professionisti esperti e – non da ultimo – grazie anche all’apporto comunitario.
A Casa Giano, infatti, si sperimenta un modo di vivere in cui ci si aiuta a vicenda, non ci sono ruoli apicali per antonomasia, ci sono sì funzioni diverse (e risulta inutile e fuorviante confonderle) ma il vivere insieme; partecipare alla varie attività lavorative e ludiche; preparare i pasti; mangiare assieme nel grande, accogliente refettorio (dove, ad esempio si è preferito installare, al posto di un più seducente televisore, un grande camino, simbolo di calore e fratellanza); presiedere ai lavori nella vigna e nell’orto, tutto questo fa parte di una strategia riabilitativa e liberatoria dove il modello comunitario prevale e risulta essere vincente rispetto ad un modello individualista ed ego centrico.
L’attenzione alle persone si manifesta con somma pazienza nella capacità di convivenza – non facile, ma su cui si insiste -, che significa anche capacità di sopportazione tra diversi, tutta gente con storie ed itinerari personali propri e non assimilabili. Una convivenza che si vuole possa sfociare in vera e propria convivialità, un termine superiore di qualità umane, buon viatico per la successiva tappa di dismissione, un reinserimento nel tessuto sociale come buoni ed onesti cittadini, nel loro percorso di vita.
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