Riconosciuti esclusivi nelle zone di competenza dall’Università di Milano, ma valorizzati in maniera diversa
La Confraternita di Bacco per la consueta gita breve di primavera ha scelto di visitare la città di Ferrara ricca di storia, grandi bellezze architettoniche, musei e anche di eccellenze gastronomiche.
Non poteva mancare la visita ad una delle tante cantine presenti nel territorio delle province di Ferrara e Mantova. La scelta è caduta sulla cantina cooperativa di Quistello che nel corso dei suoi novant’anni di attività è passata dai pochi soci fondatori del 1928 agli attuali 300.
La zona di produzione si espande lungo le rive del fiume Secchia, in quella fascia di provincia di Mantova che vanta antichissime tradizioni viticole e gastronomiche. La cantina è famosa soprattutto per i suoi Lambruschi spumeggianti, ricchi di colore, profumi e gradevolezza prodotti con uve Lambrusco Maestri, Salamino, Ancellotta, Grappello Ruberti. Si coltivano anche uve bianche quali Chardonnay, Trebbiano e Moscato con le quali si producono ottimi vini bianchi fermi e spumanti dolci. La gita si è svolta il 26 maggio 2018.
Abbiamo fatto parte della comitiva. A differenza di altre Confraternite più paludate e pretenziose, la Confraternita di Bacco è composta da persone alla mano, in prevalenza giovani, non necessariamente molto acculturati, ma curiosi di conoscere. Alla cantina siamo arrivati dopo una intensa mattinata di visite ai monumenti di Ferrara ed un piacevolissimo pranzo consumato nel ristorante “Cusina e Butega” a due passi dal Duomo
Il presidente della cantina, Luciano Bulgarelli, ci ha proposto l’assaggio con dettagliata illustrazione e guida all’apprezzamento (anche critico) i seguenti vini: “80 vendemmie rosato (monovitigno Lambrusco Ruperti); “80 vendemmie rosso (vitigno Lambrusco Ruberti); “Granrosso del Vicariato di Quistello (Lambrusco Ruperti e Ancellotta); “1.6 Armonia” (spumante brut bianco metodo classico fatto di Chardonnay e Lambrusco Grappello Ruperti).
Quando si esce dal Trentino viene spontaneo fare confronti su fatti ritenuti analoghi. Luciano Bulgarelli ha spiegato che nel 1996 l’Università di Milano (prof. Attilio Scienza) dopo attente ricerche documentali, di laboratorio e di pieno campo, ha dichiarato il lambrusco Ruperti esclusivo della zona di competenza della cantina di Quistello.
Ai più anziani del gruppo è venuto alla mente che nel 1986, quando il prof. Scienza era direttore dell’Istituto agrario provinciale di S. Michele all’Adige (fino al 1992) la Provincia di Trento affidò a lui e ai suoi più stretti collaboratori il compito di studiare le origini e le caratteristiche distintive del Lambrusco foglia frastagliata della Bassa Vallagarina. Tre anni dopo il gruppo rese note le conclusioni. Il Lambrusco foglia frastagliata è sicuramente varietà autoctona della Bassa Vallagarina. Nessun grado di parentela lo lega con i Lambruschi emiliani. Al verdetto inequivocabile fece seguito la sostituzione del nome Lambrusco foglia frastagliata con Enantio rosso. La paternità del nome Enantio spetta al prof. Mario Fregoni. Nome che i romani davano ai vini cui venivano aggiunti fiori appassiti di vite maschio. Il nome è stato recepito dal D.M. 31 dicembre 1992 che ha inserito nel catalogo nazionale delle varietà di vite con la nuova denominazione Enantio il vitigno coltivato da sempre nella Bassa Vallagarina.
Poteva essere il punto di partenza per una campagna di valorizzazione che lo facesse assurgere al ruolo di preziosità territoriale. Facendo tesoro non solo delle caratteristiche particolari del vino in questione, ma di una secolare tradizione di utilizzo soprattutto ai fini di una redditizia esportazione verso l’Austria e L’Alto Adige. Così non è stato e i motivi sono molteplici e di varia natura. Negli stessi anni infatti a viticoltura della Bassa Vallagarina ha seguito la parola d‘ordine di Cavit (Pinot grigio a tutto spiano) che ha significato spiantamento. Questi i dati forniti da Claudio Tonon del Consorzio vini sulla involuzione della superficie coltivata a Lambrusco foglia frastagliata in Provincia di Trento: 1987 ettari nel 1970; 1108 nel 1980; 823 ettari nel 1990; 411 nel 2000; 53 nel 2010; 31 nel 2017. Quelli in carico alla cantina di Avio sono 24. Vi si aggiunge l’antico vigneto di 1 ettaro con viti franche di piede sopravissuto grazie all’intervento più dimostrativo che redditizio degli enologi del gruppo i Dolomitici. La cantina di Avio, dice Matteo Mattei, enologo, produce attualmente 20 mila bottiglie di Enantio: 7.000 di Enantio riserva; 13.000 di Enantio normale. Iniziativa lodevole, ma distante dalla previsione che 15 anni fa sembrava incontestabile grazie ai rapporti con il Consorzio Terra dei Forti. A fare da contrasto alla mancata campagna promozionale sta il successo commerciale del Lambrusco Grappello Ruperti della cantina di Quistello che paga l’uva 40 euro a quintale. Sarebbe utile approfondire il contesto che è troppo diverso da quello di Avio. La cantina paga l’uva di Enantio 150 euro a quintale ma impone la resa massima di 80 quintali ettaro. Non altrettanto si può dire della cantina emiliana.
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