Dal libro di Carron sulla fede, una prospettiva di annuncio della fede che passa dalla relazione di prossimità attenta alle persone
Ha ancora senso chiedersi dove sia Dio nella società contemporanea per molti aspetti secolarizzata e relativista? E' possibile mantenere uno sguardo complessivamente positivo sulla realtà di oggi, nonostante le fatiche che presenta?
Sono le domande decisive a cui Andrea Tornielli, vaticanista del quotidiano La Stampa, ha cercato di rispondere durante la presentazione del suo libro “Dov’è Dio? La fede cristiana al tempo della grande incertezza”, (Piemme Edizioni), un libro-intervista con Juliàn Carròn, attuale presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione. La presentazione, promossa dai centri culturali “Il Mosaico” e “Rebora” e introdotta dalla giornalista Linda Stroppa, ha visto anche la presenza dell'Arcivescovo Lauro Tisi venerdì scorso alla Sala della Federazione Trentina della Cooperazione.
“Risulta difficile oggi non avere paura guardandosi intorno , ha osservato in apertura Andrea Tornielli, rilevando che anche il credente è tentato di tenere lo sguardo rivolto all'indietro, sentendosi come assediato in una cittadella, nella quale tutto sembra disgregarsi e dove sembrano venire a mancare i valori di una volta. “Fino a cinquanta anni fa – ha spiegato il giornalista – la fede si trasmetteva con il latte materno. Si imparava a pregare a casa, la domenica nessuno lavorava e quanto più si era poveri, tanto più, se qualcuno bussava alla porta si trovava sempre il modo per aggiungere un piatto a tavola e uscendo di casa si viveva in una società più o meno informata di valori cristiani”. In questa situazione molto diversa, però possiamo ancora annunciare il Vangelo, è la tesi sostenuta da Carron nella lunga conversazione, durata quattro giorni: “L'importante è vivere le sfide del presente con realismo. Realismo che non porta a negare i problemi ma a guardare al mondo “come a un campo di messe”, secondo quanto suggerito nel 1929 da Giovanni Battista Montini, il futuro Paolo VI, in un editoriale pubblicato su Azione Fucina”.
Dialogando con il vaticanista, l'arcivescovo di Trento Lauro Tisi, ha sottolineato la secolarizzazione in cui siamo immersi ma “anche se stiamo toccando il punto più basso, possiamo tutti incredibilmente ripartire, indipendentemente dalle diverse culture o religioni, dal grande bisogno di umano e dalla nostra profonda nostalgia. Questo “bisogno di umano”, secondo don Lauro, è riconoscibile quando si usa l'espressione “bella persona” per chi riesce ad andare oltre se stesso, compiendo gesti di gratuità e perdono”.
Ma la nostalgia dell'umano si può curare? “Sì – risponde Andrea Tornielli – Basta prendersi il tempo, come suggerisce Papa Francesco prima di tutto ai sacerdoti, di praticare la pastorale dell'orecchio: un'attenta capacità di ascoltare le persone che si trovano molte volte in difficoltà di fronte alle grandi domande della vita.
Tornielli spiega che Dio si può incontrare concretamente. L'importante è fare come i Re Magi, annunciatori del Vangelo non per una loro gratificazione personale ma perché, spiega Papa Francesco in un'omelia dell'Epifania 2017, hanno una profonda nostalgia di Dio e così sentono il bisogno di essere loro evangelizzati e di incontraLo in chi fa più fatica. Sulla concretezza di Dio insiste anche il Vescovo Lauro, definendoLo “un frammento di umano chiamato Gesù di Nazareth” che accoglie e lascia l’altro libero di esistere, senza tenergli un dito sempre puntato e giudicante. Questo atteggiamento di accoglienza e prossimità va perseguito nelle relazioni interpersonali e nelle comunità cristiane.
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