Cosa registrano gli ultimi fatti cubani? Il passaggio di potere tra la famiglia Castro e un altro leader, e questo succede per la prima volta nell’isola caraibica. Sullo sfondo della scena rimane la figura minacciosa di Trump, il presidente statunitense che non smette di minacciare Cuba, un pericolo alle porte per la sua Amministrazione – a sentire lui- un pericolo per l’America, cosa assolutamente inconsistente e ridicola.
Il passaggio dei poteri (non tutti) dai Castro e dalla generazione che aveva cacciato il dittatore Fulgenzio Batista, ad un’altra generazione e specificatamente nelle mani di Miguel Diaz-Canel segna certamente un passaggio significativo nella vita complessiva della rivoluzione cubana. Temiamo più di facciata che di contenuto. Non vi è peggior denigratore e nemico acerrimo del regime de l’Avana che non riconosca –per onestà intellettuale e pratica- che la garanzia dei diritti sociali a Cuba non conosce pari in tutta l’America Latina. Come non vi è –credo- il miglior ed entusiasta estimatore di Cuba che non riconosca i limiti oggi evidentissimi di una rivoluzione che nel corso degli anni non ha saputo rinnovare se stessa, il proprio slancio “rivoluzionario” e si è persa spesso nei miasmi e nelle ricadute tipiche di un regime asfittico e che andava vieppiù perdendo la propria spinta propulsiva (garanzia di diritti per tutti, redistribuzione del reddito e delle opportunità, parità di genere in un clima culturale spiccatamente maschilista). E ciò principalmente nella negazione –nella pervicace negazione, occorre dire- di alcuni diritti umani fondamentali, a cominciare dalle cosiddette libertà “borghesi” (diritto di espressione, libertà di critica, di libera stampa e di libero pensiero) che –non vi è ombra di dubbio- costituiscono il fulcro e il midollo –l’essenza stessa- di ogni democrazia. D’accordo: le sanzioni insensate e protratte in tutti questi anni hanno contribuito non poco a chiudere il regime castrista a riccio su se stesso, in difesa a volte autodistruttrice e di inaridimento progressivo delle spinte “rivoluzionarie”. I privilegi della casta burocratica, poi, delle Forze armate e dei servizi di sicurezza sono un intollerabile privilegio che si è protratto per fin troppo tempo. E questo a scapito della popolazione che ha patito restrizioni di ogni tipo, angherie –se possibile- improponibili e inimmaginabili, con la circolazione di una doppia moneta che ha squilibrato il quadro sociale, favorendo i già privilegiati quadri del regime. La libreta, una sorta di tessera annonaria, che serviva ad ogni famiglia per sbarcare il lunario, non è più sufficiente, i consumi si sono “elevati” e tutto costa di più. E’ notorio il caso di tante studentesse che si vendono per pochi dollari per garantirsi il corso di studi. Ciò avvilisce le giovani generazioni che sono del tutto smagate a fronte dei redivivi proclami socialisti. Il bloqueo, l’embargo americano sempre persistente e un Poder popular, il Partico unico, incapace di rinnovarsi, fanno il resto nel senso di un’amministrazione ordinaria priva di slancio. Chissà cosa ne penserebbe il “Che” –Ernesto Guevara de la Serna- che già a metà dei Sessanta aveva intravisto la deriva e se n’era andato ramingo. Tocco ora a Miguel Diaz-Canel inventarsi un qualche colpo d’ala, sparigliare, dare un nuovo ideale a qualcosa che non esiste più a Cuba: la creazione di una società libera dal bisogno e al contempo garante del pieno sviluppo delle opportunità di tutti. Le rose e il pane, ma prima il pane e poi le rose.
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