Cambia il baricentro della pastorale

I due titoli dei quotidiani locali che hanno riferito la riforma curiale annunciata dall'Arcivescovo Lauro hanno ragione a metà. Chi scrive di semplice “restyling” riconosce forse che non si va certo a intaccare l'essenza evangelica del servizio ecclesiale; è anche vero però che qui non siamo di fronte ad un semplice ritocco, bensì a “modifiche importanti” dell'assetto organizzativo in piazza Fiera.

Chi, al contrario, ha parlato enfaticamente di “rivoluzione” comprende però che il vero rinnovamento deve riguardare sempre le coscienze e gli stili di vita prima ancora che le strutture.

Nelle intenzioni dell'Arcivescovo, che riportiamo ampiamente a pag.5, è la realtà delle comunità ecclesiali trentine che si è profondamente modificata: la Curia non poteva restare quella disegnata qualche decennio fa. E' una sproporzione che comporta perdita di risorse umane (e non solo) e non corrisponde più nemmeno alle attese e alle esigenze di una base ecclesiale spesso in minoranza, chiamata a essere lievito per la gioia del Vangelo.

Con l'annuncio della riforma si è aperto – non senza “travaglio” – un cantiere che ora richiederà molta pazienza, spirito di comunione e anche parresia, per arrivare a quegli aggiustamenti graduali che puntino ad un assetto nuovo dall'impatto altrettanto profondo: si potrebbe dire – se fosse possibile soppesare gli equilibri – che a cambiare è il baricentro della pastorale.

Il centro Curia, luogo necessario di coordinamento e anche di sintesi, si snellisce per poter essere sempre più agile nel servizio alle richieste che vengono dalle comunità credenti impegnatienelle valli trentine. Come sarà ancora più chiaro dalle responsabilità crescenti affidate alle zone pastorali (col superamento dei decanati) ad acquistare maggior peso e importanza sono le comunità locali piccole e grandi sparse sul territorio, fondate su un’Eucaristia celebrata in assemblea e vissuta nella carità.

Questo cambio di prospettiva, coerente con la “Chiesa in uscita” di Papa Francesco, non è una trovata geniale. E’ ancora quel processo di matrice profondamente conciliare: è stato il Vaticano II a inventare il protagonismo delle Chiese locali in una logica di corresponsabilità sinodale. La troviamo ricalcata anche nella riforma della Curia romana avviata da Papa Francesco. Nei suoi discorsi di fine anno ai membri della Curia, Bergoglio ha insistito più volte – tanto che il suo magistero sul tema è molto ampio ormai – sulla necessità che ogni Curia sia soprattutto una “comunità di servizio” verso i cristiani e gli uomini di buona volontà. E fu lo stesso Paolo VI, presto santo, ad auspicare che “anche nei nostri ambienti di lavoro  possiamo sentire, coltivare e praticare un forte senso pastorale, anzitutto verso le persone che incontriamo tutti i giorni. Che nessuno si senta trascurato o maltrattato…”. La profondità spirituale e lo stile delle relazioni fraterne, secondo Bergoglio, sono la prima riforma di ogni Curia ma anche di ogni pastorale sul territorio.

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