Negli scontri tra manifestanti palestinesi e l’esercito israeliano lungo la barriera tra Gaza e lo stato ebraico avvenuti il 30 marzo durante la “Marcia per il ritorno”, indetta da Hamas nell’ambito del “Land Day” (Giornata della terra), sono morte 17 persone e almeno 1.400 sono rimaste ferite, secondo il bilancio fornito dal ministero della sanità di Hamas. L’esercito israeliano dal canto suo ha accusato Hamas di “mettere in pericolo le vite dei civili” usandole “a fini terroristici”, addossando ad Hamas la responsabilità dei disordini.
Nonostante la tensione, la piccola comunità cristiana di Gaza si è ritrovata lo stesso per celebrare la Passione di Gesù. “C’era moltissima gente, di più degli anni scorsi. Un afflusso – ha spiegato all’agenzia Sir padre Mario Da Silva, parroco della comunità latina della “Sacra Famiglia” di Gaza – dovuto ai permessi negati ai cristiani da parte di Israele”. Permessi di uscita dalla Striscia inizialmente negati per 600 cristiani che volevano recarsi a Gerusalemme e poi rilasciati per circa 300 persone.
Oltre a Gaza, restano tanti i focolai di tensione in tutto il Medio Oriente: in Siria Ghuta, Damasco, Aleppo e Afrin; in Iraq Baghdad, Batnaya, Mosul e tanti altri ancora. Li enumera uno ad uno al Sir, parlando al telefono dalla capitale irachena, mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare di Baghdad e braccio destro del patriarca caldeo, Mar Louis Sako. “Sono i Golgota del Medio Oriente di oggi, i luoghi della Passione per cristiani e non cristiani. Montagne di sofferenza da scalare giornalmente per cercare di intravedere un po’ di luce o più semplicemente per trovare qualche valido motivo per sopravvivere alle armi, alla distruzione e alla povertà che imperversano oramai da anni da queste parti”. E conclude: “Preghiamo per essere aperti alla sofferenza, per coltivare e far crescere la nostra fede, l’unica forza che ci permette di patire con Cristo nell’attesa della salvezza. Diversamente avremo perduto tutto. Per noi Pasqua è metterci in cammino dietro Gesù che sale al Calvario, e come il Cireneo, portare la Croce. La meta finale non è il Golgota ma il Sepolcro vuoto”. E’ questa la preghiera che il vescovo di Baghdad ha levato durante i giorni di Pasqua, nella veglia e nelle messe celebrate nelle chiese blindate, in quelle semidistrutte e rimesse in piedi alla meglio, in quelle ricostruite dopo i bombardamenti e il passaggio dello Stato islamico.
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