Padre Enrico Zeni racconta la sua missione in Camerun. Il missionario del “Padre Monti”, originario del Bleggio, ha maturato la sua vocazione tra i malati di lebbra
Rientrato nei mesi scorsi in Trentino per motivi di salute, padre Enrico Zeni si prepara a ripartire per il Camerun, ma, questa volta, in una missione nuova e tutta da ricostruire. “Il richiamo del 'mal d'Africa' è più forte dell'artrite di cui soffre il mio ginocchio – esordisce con spirito di servizio – e sono quindi pronto a rimettermi in marcia sempre verso il sud del Paese, nella regione del Dja-Et-Lobo”. Ad attenderlo una comunità sparsa in sette villaggi e una chiesa-cappella in mattoni di fango e con il tetto di foglie di palma intrecciate.
Originario del Bleggio, 64 anni, padre Enrico Zeni conobbe i Figli dell'Immacolata Concezione – la congregazione è però più nota come “Padre Monti” – da bambino. “Rimasto orfano all'età di dieci anni fui accolto nell'allora Istituto Sant'Ilario di Rovereto, dopo gli studi presso il Seminario di Arco e la formazione come infermiere professionale, nel 1977 partii per il Camerun francese sulle orme di fratel Clemente Maino di Isera, che per primo cominciò la missione nei lebbrosari di Sangmelima”.
Tra i malati di lebbra padre Enrico, 23enne, matura la sua vocazione, dedicando la vita, secondo il carisma del fondatore della Congregazione padre Luigi Maria Monti, all'assistenza degli infermi e all'educazione della gioventù orfana e abbandonata. “Rientrato in Italia nel 1980 per prepararmi al sacerdozio – racconta – ho continuato ad organizzare gli aiuti per il lebbrosario in collaborazione con i volontari di Roma e Pomezia. Dopo l’ordinazione il ritorno in Camerun per altri quattro anni e poi di nuovo in Italia per terminare gli studi teologici conclusi con una tesi dal titolo 'Cristo medico delle anime e dei corpi'”. E quindi, ancora in Camerun come maestro nel noviziato “Padre Monti” di Sangmelima e come insegnante di Sacra Scrittura al Filosofato intecongregazionale, nella capitale Yaoundè. “La formazione alla carità verso i malati e alla cura dei più deboli è fondamentale – spiega – per favorire l'integrazione sociale e portare avanti la missione, come sta facendo ad esempio da oltre 30 anni padre Sergio Ianeselli, sempre in Camerun, con il centro di riabilitazione per bambini disabili motori, sordomuti e ciechi”. L'impegno missionario porterà padre Enrico a trascorrere anche otto anni nella vicina Guinea Equatoriale, per poi ristabilirsi in Camerun. Il Paese dell'Africa occidentale – tedesco fino alla prima Guerra Mondiale, spartito tra le due potenze vincitrici Francia e Regno Unito e indipendente dal 1961 – di fatto è diviso in due regioni: quella francofona, la più estesa e da 35 anni al comando di Paul Biya, e quella anglofona, emarginata da politica ed economia, e che vuole l'indipendenza. “La situazione attuale è allarmante acuita dalla drammatica escalation di repressione dei separatisti da parte dei militari governativi iniziata già agli inizi del 2016 – commenta padre Enrico – anche i vescovi camerunensi hanno cercato, invano, di mediare tra le parti, richiamando al dialogo e a recepire le istanze della minoranza anglofona. Ad aggravare la situazione al confine con la Nigeria c'è la continua minaccia di attacchi terroristici di Boko haram con protagonisti, loro malgrado, anche bambini-kamikaze, mentre non si ferma l'esodo verso il Camerun degli sfollati interni nigeriani”.
In questo clima di tensione la Chiesa svolge un ruolo di supporto per favorire percorsi di scolarizzazione, di emancipazione femminile, di sviluppo nelle zone rurali del Paese con il contributo del modello cooperativo. “Il Camerun avrebbe molte risorse e possibilità di sviluppo serio, se pensiamo che fino agli anni Ottanta le esportazioni di cacao, petrolio, legname, erano in forte crescita. Purtroppo – denuncia – la corruzione diffusa e radicata da decenni, l'abuso di potere e il mancato rinnovo della classe dirigente (l'attuale presidente Paul Biya è intenzionato a ricandidare anche alle prossime elezioni in autunno ndr) hanno impedito il progresso economico e sostenibile”. A pagare il prezzo maggiore sono i giovani. “La disoccupazione è elevata, non si investe in innovazione, nel talento dei giovani costretti a lasciare il Paese oppure, in alternativa, a pagare il sistema corrotto per un posto di lavoro. Il futuro del Paese – insiste – è nelle mani dei giovani, bisogna saper attirare il loro entusiasmo, coinvolgerli nei progetti, in agricoltura, fargli capire che la terra è un diritto e offre opportunità”.
Per padre Enrico Zeni la sfida missionaria è quella di “testimoniare in modo autentico il Vangelo, che nelle avversità illumina il cammino, porta speranza e amore. Nonostante la sofferenza, in Camerun percepiamo anche una tenace forza di vivere e un forte senso del valore della famiglia, sempre unita, pronta all'accoglienza e a gesti di generosità”.
Lascia una recensione