Rappresenta bene un'epoca come la nostra che non contempla soste, inquietudini, ripensamenti, e una mentalità in cui ciò che conta è l'oggi, eterno presente
"Il mito di Sisifo pone il tema della fatica fine a se stessa, ben diversa dall'operosità dell'artigiano che può specchiarsi nella sua opera, frutto del suo desiderio, e poi metterla in circolazione donandola. Sisifo è incapace di scoprire il senso del proprio operare, simile a un uomo ridotto a macchina secondo la logica del profitto, condannato a diventare egli stesso pietra: qualcosa di duro, rigido, che non suscita curiosità né domande".
Francesco Stoppa, analista membro della Scuola di psicoanalisi dei Forum del Campo lacaniano, ha introdotto così la figura mitologica a cui è stato dedicato il secondo incontro del ciclo “I nemici dell’educazione”, promosso dal Collegio Arcivescovile insieme a Fidae e Agesc, svoltosi mercoledì 21 febbraio nell’aula magna dell’Istituto, a Trento.
Sisifo è il prototipo della diseducazione perché non si ferma, non alza la testa, non amplia lo sguardo verso l'orizzonte: rappresenta bene un'epoca come la nostra che non contempla soste, inquietudini, ripensamenti, e una mentalità in cui ciò che conta è l'oggi, eterno presente senza futuro – identificato nel rotolare giù e nello spingere su la pietra -, che dà l'illusione di essere liberi. Ma il rapporto tra genitori e figli mostra quanto essere bloccati dal "life is now" sia dannoso.
“La nostra generazione di genitori iperprotettivi e onnipresenti ha proiettato sui figli il suo narcisismo, impedendo loro di imparare ad affrontare le difficoltà della vita e diventare cittadini – ha commentato Stoppa, dialogando con la professoressa Giuseppina Coali -. Questi genitori amano molto i figli, ma odiano la vita che è in loro, che li costringe a concepire la propria caducità. Il nostro principio vitale però sta nel rigenerarci attraverso la separazione e la perdita, dunque, solo accettando di non esserci, padri e madri consentono il passaggio del testimone”.
Sisifo si basta a se stesso, rincorre il pieno, è incapace di vuoto, ma la mancanza è dimensione costitutiva dell'essere umano: "L'identità umana è un cantiere aperto, lo leggiamo nella Genesi: Dio prende materia inerte e con il suo soffio la buca, donandole la vita. Sia il linguaggio che il nostro corpo sono attraversati dal senso del vuoto: è la condizione del desiderio, ossia di ciò che ci rende umani, ma la tirannia di oggi è la soddisfazione di bisogni senza sperimentare il desiderio".
Pur schiacciato dal peso della materia, Sisifo resiste e pensa di ingannare la morte, tuttavia, sostiene l'analista, le piccole morti che incontriamo durante la vita sono forza creatrice e propulsiva: "L'essere umano è esiliato, migrante per eccellenza: nasce e perde subito la sua casa, ma diventiamo noi stessi quando perdiamo un pezzo di noi. Se accettare il decentramento del proprio io implica un lutto da attraversare, c'è però anche un premio, ossia sperimentare una promettente estensione della nostra identità".
Esiste un modo per sollevare quest'uomo così appesantito? "La società impone modelli di perfezione, ma i genitori non devono avere paura di mostrare ai figli il proprio limite, né nascondere il rapporto conflittuale con la realtà. Non bisogna essere dei monoliti, ma accogliere le contraddizioni, ossia ciò che costringe a pensare di cosa è fatta la nostra umanità, ed è importante imparare da chi soffre perché quanto appreso riporta la città a connotati umani". Al mondo che dice loro cosa devono desiderare, i giovani rispondono "mi volete dare tutto, non voglio niente": "Spetta ai genitori testimoniare che il desiderio non è brama di oggetti e che è un'illusione pensare che sia l'altro a darci senso: Dio affida all'uomo il compito di dare nome agli altri esseri viventi, ossia di dare senso. Non è Dio che lo dà, siamo noi a doverlo attribuire".
E per uscire dalla logica del sacrificio, identificata in Sisifo, è necessario riconoscere senso al nostro mestiere. "Se ci dà piacere e ci gratifica – ha concluso Stoppa -, allora è possibile resistere e la nostra diventa la fatica dell'artigiano che si soddisfa in quello che fa. E se per Sisifo non c'è nessun mistero, compito dell'educazione è invece trasmettere la sorpresa dell'essere vivi, l'interesse per l'altro e la meraviglia per il mondo".
Lascia una recensione