Gnassi lavorava per un’azienda tessile e con gli anziani della Rsa Solatrix ha cucito in pochi giorni tutte le nuove tovaglie per abbellire le zone comuni dove si consumano merende e si danno vita a lunghe partite a carte grazie all’aiuto di “oss” ed animatrici. Il sorriso, però, svanisce quando si torna a parlare del suo travagliato viaggio per raggiungere l’Italia, passando per Benin, Niger e Libia prima di sbarcare in Sicilia dopo dieci ore in mare, e l’addio alla sua famiglia che non ha più potuto contattare.
“Mio padre è morto quando ero molto piccolo e per la mamma è stata dura crescere sei figli, tre bambini e tre bambine, all’interno di un Paese dove persiste una situazione politica complicata ed una conseguente guerra civile. Difficile spiegarne i motivi, ma ricontatterò la mia famiglia solo quando sarò a posto con tutti i documenti e, magari, un lavoro stabile. Sicuramente non tornerò più in Africa: il mio sogno sarebbe invitarli a vivere qui. Due volte a settimana, prima di frequentare i corsi all’Istituto Don Milani, ci troviamo a giocare a pallone dove posso imitare il mio mito Adebayor (calciatore professionista togolese), ma la vita al Campo di Marco non è semplice. All’interno dello stesso stabile siamo in quattordici e provenienti da tanti stati differenti”.
A favorire l’inserimento di Gnassi ed Emmanuel sono stati Enrico Noè, della Croce Rossa Italiana presso il Centro di Accoglienza di Marco, Francesca Demichei, assistente sociale del Cinformi, Antonio Stenech e Cristina Miotto, rispettivamente direttore e coordinatrice della Rsa Solatrix di Rovereto. “Qualche residente mostrava un po’ di comprensibile titubanza nei primi frangenti – spiega Stenech -, ma dopo due settimane questi ragazzi si sono già sentiti parte della nostra famiglia e potrebbero anche pensare di intraprendere questo tipologia di occupazione lavorativa in futuro. Un progetto di sicure ricadute positive – continua il direttore – per abbattere i pregiudizi e rimpolpare in maniera importante la nostra sfera di volontari che, in città, è sempre difficile da arricchire”.
Non è escluso che il progetto venga ampliato, oppure esportato anche in altre strutture, e permettere così a richiedenti asilo, come Gnassi ed Emmanuel, di dare valore alle loro lunghe giornate. “L’idea è arrivata proprio da uno di questi ragazzi – raccontano Noè e Demichei – che era interessato a fare del volontariato con gli anziani. Abbiamo scelto di inserire i profili più consoni alla situazione, valutando interessi, motivazione e caratteri, e dopo venti giorni possiamo essere soddisfatti vedendo il sorriso dei residenti quando vengono aiutati e supportati da Gnassi ed Emmanuel”.
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