La riflessione offerta per questo mese dal Sodalizio Adoratori S. Chiara
C’è una parola che il nostro tempo rifiuta come un tabù e che vorrebbe cancellare dal vocabolario della vita quotidiana. È la parola “sacrificio”, che il vocabolario spiega con altre parole che ci urtano: rinuncia, privazione, stento, sottomissione… Certamente è una parola che si è caricata di violenza e di ingiustizia nel corso dei secoli: la storia è piena del sangue di vittime innocenti, e di sacrifici imposti ingiustamente ai più deboli e indifesi. Ma non è meno vero che, quando è liberamente scelto e quando è in vista di qualcosa che merita, grandi ideali, grandi valori, un grande amore, il sacrificio rivela una sua irriducibile grandezza e nobiltà.
La liturgia non teme di usare questa parola: "La parola che ricorre con maggior frequenza nel linguaggio liturgico è sacrificio: eucaristico, di Cristo, vivo, santo, immacolato, della Chiesa, nostro" (Falsini).
Siamo così richiamati a recuperare il significato originario della parola, che viene dal latino (sacrumfacio), e vuol dire “compiere un'azione sacra”. Il “sacrificio” fin dagli albori dell’umanità è un atto col quale l’uomo cerca di entrare in contatto con Dio, separando e offrendo a lui determinate cose: animali o primizie; ed esprime, nel suo nucleo essenziale, il bisogno di essere accolti da Dio – il dono offerto simboleggia l’offerta di sé stessi – e di essere trasformati e uniti a Dio in comunione di vita e di amore.
Ma con Gesù siamo davanti a un rovesciamento sconvolgente delle parti. Al posto degli uomini che offrono sacrifici a Dio troviamo Dio stesso che per salvare l’uomo “si volge contro se stesso”, come dice papa Benedetto nell’enciclica “Deus Caritas est”. Il Padre ha mandato il Figlio nel mondo, per salvarlo, e a questo esuberante smisurato progetto di amore il Figlio, che è “una cosa sola” col Padre, obbedisce con disponibilità senza riserve, fino a farsi carico di tutto il peccato del mondo e a pagarne il prezzo con la morte di croce. Puro gratuito incomprensibile amore che si fa pane spezzato per la nostra vita.
L’ora di adorazione del prossimo primo giovedì del mese, 1° marzo, alle 16 nella chiesa di S. Chiara (Centro eucaristico diocesano) avrà per tema la radicale novità del “sacrificio” che i cristiani sono chiamati a vivere: non croci a modo nostro, non rassegnazione a una misteriosa volontà di Dio che incute paura, ma libera grata felice adesione della vita a un Dio che ci salva con il “suo” sacrificio, “l' unico perfetto sacrificio” che Gesù in ogni Messa ci mette a disposizione perché diventi la caparra della nostra vita eterna, il pane che ci fa diventare in lui “un solo corpo e un solo spirito” (III Preghiera Eucaristica).
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