Sul tema della “doppia cittadinanza” l’invito a non riaprire “vecchie ferite e pregiudizi”
Bolzano – Il Verbo si fa carne, entra nella storia, avvia processi di umanizzazione. Il tempo di Natale è occasione di riflessione sulla presenza dei cristiani nella città dell’uomo, sulla loro responsabilità sociale e politica. Il vescovo di Bolzano-Bressanone Ivo Muser, durante le omelie dei giorni scorsi, non ha risparmiato riferimenti anche molto espliciti a fatti di attualità. “Auguro a tutti – ha detto a Natale – in questa festa particolare in cui la Parola di fa carne, che noi possiamo avere gli uni per gli altri parole aperte, sincere e convinte, ma non parole che feriscano e abbattano i ponti”. Il riferimento è concreto: “Come cittadino, cristiano e vescovo posso solo sperare che la discussione sulla ‘doppia cittadinanza’ non divida la nostra società, non apra vecchie ferite e pregiudizi e non lasci dietro a sé il clima umano e politico avvelenato e sospettoso che speravamo di aver superato. Chiedo a tutti coloro che partecipano a tale discussione grande responsabilità”.
Il tema della “doppia cittadinanza” era stato sollevato tempo fa da un voto del Consiglio provinciale di Bolzano, su proposta delle destre, e più recentemente dai partiti della nuova maggioranza governativa austriaca, una coalizione tra destra estrema e Partito popolare.
Il Natale, dice il vescovo Muser, invita all’impegno affinché “la nostra società rimanga umana. Il senso per il bene comune deve prendere il posto dell’egoismo e della pretesa. Bisogna saper parlare in modo responsabile; il linguaggio populista non solo si nutre delle preoccupazioni della gente, ma serve spesso ad alimentare rancori e paure. In molti anni di ‘casa comune’ qui in Alto Adige abbiamo imparato a considerare le diversità linguistiche e culturali come un patrimonio di tutti, da tutelare insieme. La comunità cristiana per prima, in questo campo, è stata ed è un laboratorio per tutta la società. La cittadinanza a cui tutti aspiriamo è quella di un’Europa solidale, al servizio dei diritti umani, capace di abbattere le frontiere interne e esterne, i confini politici e i confini mentali. È poco serio, anacronistico e pericoloso nelle sue conseguenze, minare per interessi particolari questa Europa, che dev’essere per tutto il pianeta un progetto di pace”.
Alla messa di fine anno il vescovo diocesano ha ribadito il senso dell’impegno dei cristiani nella società altoatesina parlando di “due cantieri ancora aperti: uno piccolo e uno grande. Con il primo cantiere intendo la convivenza tra la popolazione di madrelingua tedesca, italiana e ladina. Nei decenni passati, anche grazie all’autonomia, ci sono stati grandi progressi in merito. Come diocesi, come comunità parrocchiali e come singoli cristiani dobbiamo essere sempre sensibili per questo cantiere”. Il secondo cantiere, più complicato da gestire: l’accoglienza dei nuovi cittadini. “La domanda significativa che riguarda tutta la nostra società è la seguente: Come possiamo fare in modo che uomini e donne di lingue, culture, credi religiosi diversi possano sentirsi a casa? Troveremo una soluzione umana, rispettosa e sostenibile soltanto se lo vogliamo, se siamo pronti a condividere e se non partiamo da una concezione che esclude e divide, ma da una concezione che accoglie e che integra”.
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