Cari giovani nati nel 1999,
lasciateci guardare con i vostri occhi l'alba di questo 2018, l'anno del vostro primo voto, del Sinodo mondiale che parlerà di voi e dei “veci” alpini che accoglieremo a Trento.
Con un ardito ritorno ad un secolo fa è stato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a paragonarvi a quei ragazzi del '99 che furono chiamati in anticipo alle armi. Voi non avete davanti “un'inutile strage”, come fu quel conflitto che fece migliaia di vittime anche fra gli sfollati trentini, ma l'orizzonte angosciante della “guerra mondiale a pezzi”: il pulsante atomico in troppe mani irresponsabili, gli innocenti in fuga da despoti fondamentalisti, le minacce di catastrofi ambientali…
Eppure non dimenticate, come ammonisce il Capo dello Stato, che “a differenza delle generazioni che ci hanno preceduto, viviamo nel più lungo periodo di pace del nostro Paese e dell’Europa” e non smarrite “la consapevolezza di quel che abbiamo conquistato: la pace, la libertà, la democrazia, i diritti”. Prima di recarvi per la prima volta alle urne il prossimo 4 marzo – un giorno attesissimo, ma non risolutivo per gli equilibri proporzionalisti del nostro sistema – considerate il dono non scontato di poter contribuire a costruire quella patria comune, intesa non nel senso nazionalistico di bandiera esclusiva, bensì di “comunità di vita” che i padri Costituenti proprio 70 anni fa ci hanno consegnato sulla carta.
Come ha detto Mattarella a fine anno, la Costituzione resta “la cassetta degli attrezzi” nelle vostre mani per partecipare e per rinnovare la vita democratica. Non chiudetevi nel pessimismo, non avvitatevi nella rassegnazione. Uscite e avvicinatevi a chi soffre come qualcuno di voi ha fatto nel Capodanno “capovolto”, provate le strade di quel “servizio civile” che il nuovo Parlamento potrebbe rendere proficuamente obbligatorio per tutti i diciottenni: una “chiamata alle armi” della condivisione.
Il “camminare con” non è appiattimento delle identità – lo ha detto il vescovo Lauro in Duomo nel giorno di Natale – ma “la grande occasione per scoprire la ricchezza degli altri, per trovare soluzioni sorprendenti che la solitudine dell'io non è in grado di regalare, scoprendo la ricchezza delle differenze”.
Ragazzi del '99, il vostro giustificato orgoglio di coscritti non si riversa in una birra in più, ma si esprime nella determinazione a incidere nel comune futuro che ci rimane davanti. A fare ognuno la propria parte cominciando dal paese, dallo studio e dal lavoro, anche quando è conquista faticosa. Non consentite agli adulti di non ascoltarvi ed ai politici di contattarvi solo in questa vigilia di elezioni provinciali, avviata con troppo anticipo.
E' Papa Francesco che per primo vi ha promesso ascolto, collocandovi al centro di un Sinodo mirato al “discernimento”, termine ostico che racchiude il “cosa voglio fare del grande dono della mia vita?”.
Questo nuovo protagonismo giovanile sui “passi di Vangelo” – accompagnato anche dal settimanale e dalla nostra radio – non è una ciclica operazione di marketing ecclesiale, ma l'unica via di rinnovamento della proposta evangelica. Se come Chiesa riusciamo ad ascoltare i giovani (tutti i giovani, non solo i pochi che si danno da fare dentro le loro comunità), allora anche le iniziative pastorali possono guadagnare in essenzialità, entusiasmo e attrazione.
Infine, l'invasione pacifica degli alpini nel prossimo maggio a Trento: non liquidatela come un folkloristico revival! Con i vostri occhi disincantati chiedetevi piuttosto perché l'appartenenza ad un'uniforme si rende così duratura se punta alla solidarietà e quanto un'amicizia giovanile può reggere al logorio del tempo. Insegnateci peraltro anche a non cadere nell'autoesaltazione, per distinguere nei tanti colori dell'adunata quelli che non sbiadiscono alla prova degli anni.
L'ultimo anno del centenario bellico seppellisca definitivamente la retorica di vincitori/vinti (una guerra non è mai una vittoria) e sprigioni un desiderio di concordia: nelle relazioni fra vicini (dai condòmini agli avversari politici), nell'accoglienza ai nuovi trentini che attendono il riconoscimento dello “ius soli”, in un dialogo paritetico fra le generazioni. Contiamo sul vostro giudizio e anche sulle vostre critiche, ragazzi del '99, perché – diceva San Benedetto – “spesso è proprio al più giovane che il Signore rivela la soluzione migliore”.
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