Per onorarne nel tempo la sua memoria, ringraziandolo per i suoi grandiosi insegnamenti, nel cinquantesimo della sua morte, le pubbliche istituzioni dovrebbero stabilire che il 2017 è stato (e sarà) l’anno del ricordo a don Lorenzo Milani. Don Lorenzo è stato ed è un “prete scomodo”. Uomo di altissimo spessore morale, che si è contrapposto alle logiche dei “poteri”: politici, economici e religiosi. Anche se la sua è stata, purtroppo, una breve vita, comunque ci ha lasciato in eredità grandi valori, che possiamo definire: fondamentali pietre miliari per indicarci la via dell’umanizzazione e visibili fari che illuminano: la pace; la fratellanza; l’obiezione di coscienza; il riscatto degli emarginati; le libertà; il diritto ad essere formati in una scuola aperta e accessibile a tutti. Per don Lorenzo, il mondo era la casa comune, e per il mondo mandava e guidava i ragazzi e le ragazze di Barbiana. Un andare in altri paesi per apprendere e ampliare le conoscenze e le lingue, per acquisire esperienze e capacità, allo scopo di diventare persone con qualificate professionalità, per entrare a testa alta nel mercato del lavoro. In quel mondo del lavoro dove più volte ha fatto sentire la sua voce, per il rispetto dei diritti contrattuali e per le libertà sindacali. Sono convinto che se oggi fosse ancora fra noi, manifesterebbe la sua disapprovazione alle divergenze negoziali di Cgil Cisl Uil. Don Lorenzo, da uomo di fede e da Priore, rispettoso della Chiesa, a volte con Lei un po’ critico, con le sue mani, intrecciate a quelle dei “suoi ragazzi montanari”, a Barbiana (luogo di confino da lui accettato senza alcun vittimismo) ha realizzato il “Sentiero della Costituzione”, per testimoniare che nella straordinaria “Carta Repubblicana” tutti gli uomini e tutte le donne, trovano diritti e doveri. Doveri morali che don Lorenzo ricordava spesso agli eletti dal popolo, per richiamarli ad un governo onesto della “cosa pubblica” e per sollecitarli a legiferare provvedimenti finalizzati alla cancellazione delle ingiustizie e delle sofferenze umane. Don Lorenzo, dalle testimonianze sui drammi della Grande Guerra e dal suo sofferto vissuto durante il secondo conflitto mondiale, amaramente riscontra che distruzioni, morti e desolazioni, hanno lacerato i rapporti umani tra i popoli e diviso le nazioni. Ecco, quindi, le sue lettere ai “cappellani militari” e a quei “giudici” che affidarono alla Corte d’Appello il compito di condannare don Lorenzo (con reato estinto) perché l’obiezione di coscienza fu giudicata “apologia di reato”. Don Lorenzo scrisse molte lettere, tante di queste alla mamma. Scrisse un solo libro: “Esperienze Pastorali”. Va però detto che è sua la guida nella scrittura della “Lettera a una Professoressa”, anche se viene attribuita completamente “ai suoi ragazzi e alle sue ragazze” di Barbiana. Recentemente la nipote di don Lorenzo, Valeria Milani Comparetti, ha sintetizzato efficacemente l’attualità del Priore: “La figura di don Lorenzo è davvero complessa; c’è però un principio nel suo insegnamento che non va dimenticato: la necessità di prendersi delle responsabilità nel vivere sociale. Si fa politica solamente se si ragiona insieme, se si genera un pensiero condiviso. La cultura mantenuta per sé non è altro che egoismo. Il suo è un messaggio che però va riletto nel complesso. Molte delle sue frasi sono state estrapolate e oggi sono slogan costruttivi, per esempio quello che deplora la scuola che seleziona i “sani” per rifiutare i “malati”. Ma il discorso è molto più ampio e articolato”. Sviluppiamo questo “discorso” per onorare e ringraziare don Lorenzo Milani, rivalutando il suo motto “i care” (mi importa, ho a cuore) e riprendendo le parole pronunciate nel cimitero di Barbiana, da Papa Francesco: “Non facciamone un santino, lasciamolo libero di continuare a provocarci”.
Franco Piacentini
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