Un’esperienza di solidarietà internazionale nata in ambito scolastico e culminata con un viaggio in Messico
Un pubblico davvero numeroso venerdì sera 1 dicembre a Rovereto, presso l’ampia sala Smart Lab al quartiere del Brione. Mamme, papà, nonni, ma soprattutto loro, tante ragazze e ragazzi del “Fontana” che vogliono far proseguire una bellissima iniziativa nata nei mesi scorsi e culminata con un viaggio in Messico e con un soggiorno in un villaggio del Chiapas. Più di 200 persone presenti, un’orchestrina “latinoamericana” e tanto entusiasmo (non senza una buona dose di emozione, anche nei genitori, commossi).
Una dozzina di studenti delle superiori – in prevalenza ragazze – hanno vissuto un’esperienza coinvolgente. “Abbiamo una storia da raccontare. La storia che un po’ ci ha cambiato la vita”, questo il leit-motiv della serata. Ma dietro questo bel sodalizio giovanile c’è un fervore che coinvolge altri ragazzi e ci sono belle realtà del tessuto sociale della solidarietà roveretana. E’ una sinergia di intenti e di motivazioni che ha permesso il realizzarsi di un sogno: aprire orizzonti, saper vedere con gli occhi e ancor più con il cuore. C’è Apibimi, un’associazione, nata a Volano, che da 30 anni si batte per dare dignità e opportunità a tante bambine e bambini in tutto il mondo con l’educazione e attraverso la scuola; il progetto Colomba, il corpo nonviolento di pace dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII; il comitato Italia-Nicaragua e altri singoli come Paolo Rosà che, con accanto Francesca, continua a girare il Trentino in accorte lezioni di giustizia e sobrietà nelle scuole. E poi ha un ruolo centrale l’Istituto superiore “Fontana” con la sua dirigente e alcuni bravi insegnanti – Thomas Festi e Marco Todeschi – e la Provincia Autonoma di Trento che attraverso la Solidarietà internazionale sperimenta nuovi approcci e inusitati modelli di scambio e di incontro.
Non è stato breve per questi ragazzi il lavoro di preparazione al viaggio. Che non fosse improvvisato, frutto più di uno slancio giovanile, piuttosto un progetto pensato e ponderato. Hanno avuto incontri, una preparazione dosata con “esperti” sul campo come Fabrizio Bettini, operatore di pace in Bosnia e Silvia Valduga in Nicaragua, col suo stile comunitario e fatta anche di mercatini, cene, torte preparate per racimolare qualche denaro ben sapendo che pure un euro è prezioso per chi ha poco o niente. Nulla è stato improvvisato. Studenti e studentesse in questo si sono dimostrati perseveranti e tenaci, coinvolgendo anche l’Istituto che frequentano, proponendo, coinvolgendo con la forza delle belle idee e delle buone pratiche.
Anche il soggiorno in Chiapas – dal 18 agosto al 2 settembre – tra quei minuscoli villaggi di capanne sparse nella selva, è stato più che altro un’esperienza di condivisione con la gente del posto, i campesinos, le donne, i bambini, impegnati nei giochi, nel lavoro negli orti comunitari e più ancora ad affilare gli animi con le persone. La relazione – ne sono unanimemente convinti – è alla base di tutto. Quelle persone povere e semplici esprimono una grande umanità – hanno detto in coro gli studenti del Fontana – e se di una cosa non sono assolutamente mancanti è il sorriso, la capacità di intrattenere amicizie quando vedono che sono sincere ed “eguali”. Si è dato e si è ricevuto, e forse quanto avuto supera largamente quanto è stato donato. Infatti si tratta di un perfetto “work in progress”: a metà mese è indetta una cena equa e solidale, altre iniziative sono in cantiere per raccogliere fondi destinati ad ampliare la piccola scuola del villaggio, dotarla di qualche attrezzatura, oltre che dei preziosi quaderni e matite e penne che valgono oro in quei contesti dove si apprezza il poco che si ha nella penuria del necessario che connota la vita quotidiana di quelle comunità indigene.
I giovani sono entusiasti, si rendono conto della gran cosa che stanno costruendo e si stanno guadagnando: aiutare chi ha bisogno, ricevendo molto in lezione di vita, in ricchezza interiore che aiuta a crescere bene.
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