Per la Giornata mondiale dei poveri lo stimolante confronto promosso dall’Arcidiocesi. Il vescovo Tisi: “Parliamo di volti, di persone con nome e cognome”
Una Chiesa povera per i poveri, che si impegna a indicare con trasparenza il modo in cui utilizza le risorse a disposizione. Una comunità che non abbia paura di vedere ciò che è invisibile e intervenga con politiche sociali mirate. Un "aprire gli occhi" anche e soprattutto nel linguaggio, comunicando non il "problema povertà" ma il volto del povero, attraverso un'informazione che sia narrazione rispettosa della sua umanità e possa così diventare strumento di cambiamento sia in lui, che negli operatori della stampa e nei destinatari della notizia.
Numerose le provocazioni lanciate durante il confronto pubblico sul tema "Al passo dei poveri: dal problema ai volti" promosso dall'Arcidiocesi di Trento, insieme a Caritas e Fondazione Comunità Solidale, in vista della prima Giornata mondiale dei poveri, voluta da papa Francesco per domenica 19 novembre, eredità del Giubileo della Misericordia, svoltosi giovedì 16 novembre nell'aula magna del Seminario di Trento.
Un momento di riflessione per provare a raccogliere la sfida di raccontare una realtà complessa e molto più articolata di un tempo, come ha evidenziato in apertura il direttore della Caritas, Roberto Calzà: "Il Papa ci sollecita a dare un'attenzione al volto del povero che si esprima in gesti concreti: questa attenzione è costitutiva dell'essere cristiani e di una comunità consapevole che il povero è di tutti e ognuno è chiamato a interessarsi dell'uomo ferito sulla strada". Occorre perciò trovare un punto di contatto effettivo tra politiche sociali, narrazione mediatica e storie delle persone per intercettare i volti prima che i poveri diventino notizia solo per la drammaticità delle situazioni in cui sono coinvolti e che possono sfociare in tragedia.
Il povero chi è? Una persona priva di possibilità di accesso a forme di inclusione materiale e sociale, con conseguente perdita di dignità e della possibilità di esprimere e realizzare se stesso, ma oggi sono molte le forme di povertà con le quali è necessario confrontarsi: le dipendenze, il disagio psichico, la perdita del lavoro che fa cadere in disgrazia chi, da padre di famiglia rischia di diventare un senzatetto, la povertà dei migranti, la povertà culturale e quella legata a problemi di salute. Tutte, come sottolineato dagli ospiti intervenuti al dibattito, moderato da Piergiorgio Franceschini, hanno una radice comune: la povertà relazionale.
"Vogliamo parlare di volti, di persone con nome e cognome – ha sottolineato l'arcivescovo Lauro Tisi -: solo se il povero diventa mio fratello, posso tentare di aiutarlo. I poveri ci dicono che c'è qualcosa che non va nella società a livello globale e noi, per sfuggire al disagio del sentirci impotenti, pontifichiamo invece di agire, imparando a essere più umili nel parlare". Fare rete non è solo una strategia, ma è il modo di procedere dell'uomo realista, con i piedi per terra: "Tutti siamo bisognosi e fatti per interagire – ha proseguito -, e occorre riscoprire il valore del collaborare come condizione per dare qualità al vivere e concretezza alle decisioni. Sogno una Chiesa dove tutti siano impegnati sul fronte del farsi prossimo: è un impegno che riguarda la collettività e può diventare il terreno sul quale ricostruire coesione sociale, avviando processi creativi e innovativi".
Il vescovo Lauro ha poi annunciato che a maggio presenterà un resoconto in cui verrà reso noto come la Chiesa di Trento spende le proprie risorse: "Vorrei avviare questo processo di trasparenza per educarci a essere Chiesa povera e sempre più per i poveri e concretizzare le parole di Papa Francesco poiché solo così la Chiesa annuncia il Vangelo".
"La povertà non è solo una questione economica – ha detto l'assessore provinciale Luca Zeni -: significa non avere la possibilità di dare, condizione che colloca all'interno della società con un ruolo che però la perdita del lavoro fa venire meno, implicando esclusione e perdita di identità sociale. Il nostro obiettivo è andare oltre un'azione-tampone, all'insegna del ricostruire relazioni all'interno del tessuto sociale, non puntando a offrire un catalogo di servizi, ma cercando di dare risposta al bisogno concreto".
"Davanti ad un aumento delle povertà, l'ente pubblico non è più autosufficiente – ha dichiarato l'assessora comunale Maria Chiara Franzoia -, e ciò orienta ad una nuova prospettiva di welfare generativo che, uscendo dalla logica dell'assistenzialismo e lavorando in sinergia con le realtà associative del territorio, metta la persona al centro della relazione, aiutandola a valorizzare le sue risorse".
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