Una finanza speciale ma anche equa

Ecco perchè non è “un ingiusto privilegio” la maggior quantità di risorse a disposizione del nostro territorio

Su Vita Trentina del 5 novembre, in questa rubrica, ci siamo occupati della finanza dell’autonomia, chiarendo come lo statuto speciale vincoli le province e la regione alla solidarietà finanziaria verso il Paese. La questione rimasta aperta è se la quantità di risorse a disposizione del nostro territorio, pur al netto della solidarietà, sia equa o rappresenti comunque un ingiusto privilegio.

In questo secondo senso la pensano in molti. In effetti gli enti pubblici destinano mediamente ad ogni trentino circa 15 mila euro all’anno, contro gli 11.500 euro per abitante a livello nazionale. È una differenza notevole, che sembra inconfutabile, ma non è così, per almeno tre ordini di ragioni.

a) La maggiore spesa pubblica trentina si spiega in parte con il maggior gettito tributario locale. Il Trentino è infatti al settimo posto nella graduatoria delle regioni per entratefiscali pro-capite, nella quale svettano la Valle d’Aosta, Bolzano e la Lombardia (anno 2015). Ciascun trentino contribuisce in media al bilancio delle amministrazioni pubbliche con 10 mila euro (2.500 in meno della «capolista») contro una media nazionale di 8.800 euro. Anche queste sono differenze notevoli, che avvertono come la finanza dell’autonomia non si possa guardare soltanto dal lato della spesa, ma vada rapportata alle risorse versate dai cittadini e dagli operatori locali attraverso il sistema impositivo. Una correlazione fra tributi pagati e servizi forniti in ciascun territorio è del resto coerente con il modello federale, nel solco dell’art. 119 della Costituzione.

b) Quando si mettono a confronto regioni con densità demografiche molto diverse, la spesa «per abitante» è un dato ingannevole, che penalizza quelle meno popolose, come la nostra, dove il costo degli interventi comunque necessari per il territorio si spalma su un basso numero di abitanti. Ricorrendo invece a un diverso indicatore, pure molto usato, come il rapporto fra spesa pubblica e PIL, il presunto privilegio finanziario della nostra autonomia finisce addirittura per scomparire. In effetti, nell’ultimo decennio questo rapporto si mantiene più alto per il Trentino che per l’Italia fino al 2012, toccando il massimo divario nel 2010, con il 45,5% contro il 41,8% nazionale. Ma negli anni successivi avviene un netto e curioso scambio di posizioni, che culmina nel 2015 (ultimo disponibile) quando il rapporto fra spesa pubblica e PIL scende per il Trentino al 41,7%, mentre per l’Italia raggiunge il 44,3%. Dov’è finito il nostro privilegio?

c) La quantità di risorse spettante alla Provincia non è stabilita a caso, ma sulla base del livello raggiunto alla fine degli anni Ottanta attraverso la cosiddetta «quota variabile» (oggi abrogata). Il gettito dei tributi da devolvere in percentuale variabile, la nostra più cospicua fonte d’entrata, era pari alla spesa prevista nel bilancio dello Stato per materie di competenza provinciale, rapportata alla nostra dimensione demo-geografica, che al tempo era pari all’1,425% (la media fra lo 0,79% della popolazione e il 2,06% del territorio del Trentino rispetto all’Italia): un metodo oggettivo, da cui discende l’attuale livello di risorse, poi trasformato per semplicità in quote fisse.

La nostra speciale autonomia finanziaria, in conclusione, è più razionale ed equa di quanto si creda.

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