Le testimonianze di chi ha vissuto il conflitto da combattente o invece opponendo resistenza
Negli anni Novanta del secolo scorso, ai tempi delle guerre di dissoluzione della Jugoslavia, erano bambini o poco più. E nel loro Dna l’impronta di quei conflitti è rimasta indelebile. Sarà forse per questo che la maggior parte dei 13 artisti scelti per la mostra “Testimonianza – verità o politica. Il concetto di testimonianza nella commemorazione delle guerre jugoslave” (da venerdì 17 novembre, inaugurazione alle ore 18, all’8 dicembre alla Boccanera Gallery di Trento, in via Alto Adige 176, alle porte di Lavis, visitabile dal martedì al sabato dalle 13 alle 19) frammento di un più ampio progetto (di cui si spiega a lato) provengono da Serbia, Macedonia, Croazia e Bosnia Erzegovina, da alcuni di quegli Stati nati dalle macerie dei Balcani occidentali, “frutti” spesso ancor oggi malati di scontri fratricidi.
Ma per cercare di comprendere la natura di queste audio e video installazioni (una pubblicazione a mo’ di catalogo ne illustra contenuti, significati e modalità) un salto in un recente passato è indispensabile. Noa Treister, del Centro per la decontaminazione culturale di Belgrado, origini israeliane, artista e filosofa, da dodici anni vive nella capitale serba. È una delle curatrici dell’esposizione. Parlare con lei illumina sulle origini di un progetto che poi ha trovato forma, sostanza e sintesi, comunque in divenire. Qualche anno fa vennero raccolte 400 ore di testimonianze a chi quelle guerre le ha combattute, “i veterani”, ma anche a uomini e donne che cercarono di contrastarle, gridando un “no” deciso, forte, quanto inascoltato. In tutto duecento interviste, realizzate in diverse città, dalla Serbia alla Bosnia. Tutto quel materiale è stata la base sulla quale e intorno alla quale gli artisti hanno lavorato. Alla commissione selezionatrice se ne erano presentati più di 200. Nel corso di un workshop ne sono stati scelti i 13 per la mostra. Hanno decomposto, composto, ristrutturato, modificato, decodificato il materiale a disposizione. Hanno messo in audio e in video la loro visione, fornendo la loro interpretazione, suggerendo suggestioni, creando significati, insinuando nelle pieghe vissuti, pezzi di vita, installando concetti a cui dare forma e sostanza. Hanno dispiegato un racconto che pur nella diversità di ogni singola opera incarna una “narrazione” unitaria. Perché l’obiettivo di un’operazione di questo tipo, e lo fa ben capire NoaTreister, è quello di provare a far comprendere che i Balcani sono Europa, e spesso ce lo si dimentica. Pur in un’Europa in agonia quelle terre fanno parte di un continente, delle sue culture e delle sue storie pur diverse, molteplici e sfaccettate. “Troppo spesso – riflette la curatrice – la “narrazione” prevalente di commentatori, politici, analisti insiste sul lungo periodo di pace che dalla Seconda guerra mondiale ha pervaso l’Europa. E le guerra nella ex Jugoslavia? Forse ce le si dimentica, si espelle da un sentire comune tutto ciò che è successo lì, quasi non c’entrasse nulla con il vecchio continente”.
Giorgia Boccanera ascolta. Suo padre Giorgio, che non c’è più, fu tra i tanti, tantissimi volontari che portarono il loro contributo alla ricostruzione di queste terre martoriate. Non vorrebbe che se ne facesse qualcosa di personale. Ma è chiaro che, anche per lei, questa non è solo una mostra. E come per lei anche per tanti altri.
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