“Pur costretta da vari motivi, ho chiuso la mia edicola con profonda tristezza”, spiega Sperandio. “Ho svolto questa attività con vera passione, talvolta anche con sacrifici, cercando di soddisfare nel miglior modo le richieste dei clienti abituali o saltuari, ai quali riconoscente estendo il mio sincero ringraziamento. Consapevole che privando un paese di un qualsiasi piccolo servizio, lentamente lo si fa morire, e qui sta la mia grande amarezza, ho creduto opportuno cedere alla Famiglia cooperativa di Prade, questa attività”.
Al giorno d’oggi, continua Maria, mantenere un servizio è difficile e oneroso. Oltre alla burocrazia che è sempre più complicata, c’è anche tutta la procedura da seguire della resa dei giornali e le bolle da compilare. “Vendere un quotidiano o una rivista oggi in un piccolo paese di montagna – sottolinea – significa anche alzate e trasferte di prima mattina, neve o sole, per ritirare il pacco dei quotidiani a Canal San Bovo, perchè il corriere non consegna più sulla porta di casa. Per me è stato un impegno quotidiano notevole – conclude – che ho cercato sempre di svolgere per poter garantire un servizio ai residenti”.
Maria ricorda con nostalgia la vivacità del paese quando lei arrivò 50 anni fa: c’era la scuola, il parroco, il panificio, la famiglia cooperativa, il tabaccaio, l’emporio e ben quattro bar, e tutti lavoravano. Purtroppo in questi anni la chiusura graduale della maggior parte di queste attività ha determinato una lenta e inarrestabile agonia del paese. Un destino inesorabile per queste piccole comunità di montagna che vengono private di tutti i servizi.
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