Nel centenario della nascita, presentata la biografia del missionario Armani, edita da Vita Trentina
Agrone, la frazione di Pieve di Bono nella valle del Chiese, era noto finora come “il paese delle due curve”. Sabato scorso all'oratorio si scherzava dicendo che non lo sarà ancora a lungo perchè un viadotto sta rettificando la statale. Ma forse diventerà sempre di più il paese del missionario martire padre Remo Armani, ucciso il 24 novembre 1964 in Congo. Secondo il racconto tramandato di famiglia in famiglia, i guerriglieri Simba dopo averlo ucciso avrebbero poi gettato il suo corpo nel fiume, “divorato dai coccodrilli”. Da allora il suo volto barbuto guarda severo i fedeli dabanti alla chiesa parrocchiale da una lapide marmorea che ha sempre incuriosito anche un altro figlio di Agrone, don Daniele Armani, pronipote del missionario.
Proprio lui, che oggi è vicario parrocchiale a Cles e segue la pastorale giovanile della val di Non, è guardacaso l'autore della prima completa biografia di padre Remo, fresca di stampa per i tipi di Vita Trentina. Consentirà una meritata diffusione dell'opera di questo missionario comboniano ed è stata presentata il 7 ottobre in paese nel giorno esatto del centenario della nascita. In verità, Remo Armani non è nato quassù ma in una frazione del Bleggio, Balbido, dove i genitori Cornelio e Debora erano finiti sfollati nel 1917.
E' uno dei tanti aneddoti usciti dai cassetti della storia e delle case di Agrone durante la ricerca che don Daniele – aiutato anche da alcuni giovani amici nell'allestimento di un interessante mostra sul parente missionario – ha trasformato nella tesi per il baccalaureato in teologia presso lo STAT di Trento con il prof. Severino Vareschi.
Il direttore dello STAT, don Giulio Viviani, ha avuto l'intuizione di adattarne il contenuto in forma divulgativa per un agile libro che Vita Trentina editrice ha inserito accanto a padre Borzaga nella collana “Le colonne”, valorizzando così l'attuale valore missionario e anche vocazionale di questa scelta di vita.
Nel presentare il libro, alla presenza anche della sorella Regilda (“da piccolo Remo era vivace e dispettoso, ma con un cuore grande”, ha testimoniato), Viviani ha ripercorso un'epoca in cui le famiglie trentine sapevano coltivare la fede e in cui il seminario formava ad una fedeltà radicale. Dopo un'esperienza in varie parrocchie trentine dove è ancora ricordato con affetto (Grigno e Riva del Garda, Campi di Riva e Carisolo), don Remo avvertì una chiamata religiosa e missionaria, scegliendo di farsi comboniano per il Sud Sudan e poi per il Congo, imparando le lingue locali e ricoprendo anche incarichi importanti nella congregazione. La vita di un innamorato di Gesù Cristo e del Vangelo, uno di quei testimoni che già Paolo VI aveva indicato al mondo per la capacità di farsi prossimo.
“Noi restiamo sul posto”, il titolo del libro è tratto dal suo diario nei giorni finali (“Capiti quello che vuole. Il Signore sa quello che fa e sa che ci siamo”) ed esprime una radicalità evangelica vissuta nella piena umanità. “E' stato soprattutto un uomo, un uomo dalla grande fiducia in Dio”, ha riassunto don Giulio. In poche parole emozionate don Daniele – che assomiglia anche fisicamente al prozio – ha colto tre aspetti della sua testimonianza: l'umiltà (“non significa mettersi da parte – ha spiegato – ma mettersi al centro perchè Qualcun altro ti chiede di fare la tua parte”), la libertà vera che nasce dal fare quello che il Signore suggerisce e infine “una certa cocciutaggine intesa come determinazione a fare il bene”.
In Congo, dove si è recato per raccogliere testimonianze, don Daniele ha ricevuto l'abbraccio più significativo: “Era di un catechista formato da padre Remo, ho ancora la traduzione dei suoi ringraziamenti”.
Altre testimonianze, come la lettera di un amico torinese, sono state portate all'altare nella Messa presieduta dall'Arcivescovo Lauro Tisi. Accolto dal saluto del Consiglio pastorale nel clima delle festa mariana di ottobre, molto sentita ad Agrone, Tisi ha ricavato dalla testimonianza forte di questo “figlio di Agrone” l'invito a seguire il fascino del Cristo. “L'unico modo per rendere onore a padre Armani – ha ribadito anche il parroco don Artemio Favaro – è continuare a vivere come egli ci ha insegnato”. La processione verso la casa dove abitava la famiglia Armani, davanti all'affresco della Madonna, ha espresso il desiderio di seguirne le orme, sperando (e pregando) che dal paese possano uscire altri giovani missionari così.
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