L’umano pregare

“Pregare viene prima del credere, appartiene all'umano in quanto tale. L'uomo è strutturalmente domanda e cercatore di incontri. Pregare è portare la tua umanità a Dio”

"L'uomo viene al mondo con un grido e il pianto del bambino dice che l'uomo è apertura, domanda, trascendenza: si nasce esprimendo il proprio bisogno, tendendo la mano". Ha esordito così il vescovo Lauro, primo ospite dei tre incontri di approfondimento dedicati al tema della preghiera, ispirati alle parole di Papa Francesco "E per favore non dimenticatevi di pregare per me!", promosso dall'Azione Cattolica diocesana per confrontarsi sul valore del pregare al di là di formule, riti e tradizioni, svoltosi giovedì 5 ottobre nella sala conferenze, gremita, del Vigilianum di via Endrici, a Trento.

Cosa significa pregare, perché farlo oggi, in che modo e quando in un tempo frenetico come il nostro? "Siamo abituati a pensare che il credente in quanto tale prega, invece prima c'è l'orante e questo è un dato antropologico innegabile – ha detto monsignor Tisi parlando delle basi fondamentali su cui poggia la preghiera -: pregare viene prima del credere, appartiene all'umano in quanto tale, indipendentemente da cultura e religioni. L'uomo è strutturalmente domanda e cercatore di incontri, bisognoso di appoggiarsi agli altri e dunque la preghiera è l'esodo esistenziale di chi esce da sé per aprirsi all'incontro".

I dati sulle dipendenze – droga, alcool, social network – evidenziano che "i giovani sono pieni di domande sul significato della vita, ma le risposte umane si rivelano deboli mentre la preghiera, che è dimensione costitutiva dell'essere umano, viene calpestata: prevale il punto esclamativo e l'illusione di sapere ogni cosa che stronca la domanda di senso, ma pur schiacciata, essa riemerge". Anche l'apparato ecclesiale ha favorito il cadere in disuso della preghiera: "Abbiamo tolto il gusto di pregare dando in mano libri di formule, mentre invece occorre accompagnare ed educare i bambini a formulare il loro grido, senza dimenticare che la preghiera riguarda anche il corpo: non si prega con il cervello, ma con tutta la nostra umanità ed è utile creare un contesto ambientale in cui pregare sia incontrare non un'idea ma un volto".

Se la preghiera vuole essere incontro, è inevitabile domandarsi chi è Dio per noi: "Il creatore è nostro Padre, non una potenza anonima e lontana, e lo sappiamo perché ce lo ha svelato Gesù nello Spirito Santo, perciò non ci può essere preghiera cristiana senza essere guidati da esso". Pregare significa dunque ascoltare la necessità, che il grido primordiale indica, di incontrare un Dio la cui paternità è rivelata dal Crocifisso: "Sulla croce c'è la dichiarazione che per Dio ogni vita è un incanto. Il nostro cuore cerca qualcuno che non lo giudichi, qualcuno che non lo condanna se fallisce e non lo abbandona: la risposta a questo sogno è Gesù che nel donare la sua vita, riscatta e dà valore a quella di ogni uomo". Pregare diventa allora atto profondamente umano e umanizzante, e la parola di Dio è lo strumento che narra l'incanto di un padre incontrato nei fratelli ogni volta che sperimentiamo la loro prossimità gratuita. "Lo Spirito parla anche attraverso la bellezza della natura: pregare è porsi in atteggiamento di contemplazione del creato, è lasciarsi rapire dalla musica, educarci allo stupore e alla meraviglia. Lo stupore è preghiera: riconosci la bellezza fuori di te. Dio ci raggiunge anche nella stanza del peccato e se sperimenti l'incanto del suo amore, diventi misericordioso". Essere oranti significa infine avere il coraggio di attraversare il buio della notte: "Realizzare un incontro è faticoso – ha concluso il Vescovo -: significa riconoscere l'altro e lasciarlo esistere, perciò pregare è desiderio, rabbia, fatica, è un percorso che porta la mia umanità davanti a Dio e in Dio, e a lui arriviamo accompagnati dai fratelli".

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina