Promosso dall’associazione “Oscar Romero” e dalla rivista Il Margine nel segno dell’intrigante – e ardito – accostamento tra riforma protestante e rivoluzione russa
"La domanda delle domande è: cosa è lecito sperare? Qual è lo spazio per la speranza? Nel porla, sappiamo che il verbo sperare implica un imperativo di futuro". Ha preso il via all'insegna di questo interrogativo fiducioso il ciclo di incontri culturali "Tutto accadde in ottobre… Itinerario formativo su Riforma e Rivoluzione (1517-1917)", promosso dall'associazione "Oscar A. Romero" e dalla rivista Il Margine, in collaborazione con la casa editrice omonima, inaugurato sabato 30 settembre nella sala S. Francesco del convento dei Padri Cappuccini, in via delle Laste 3, a Trento.
"È un accostamento ardito quello tra riforma protestante e rivoluzione russa – ha spiegato Francesco Ghia nel saluto introduttivo -, sono eventi distanti tra loro cronologicamente, due sfere di valori differenti, ma alla base di essi vi è la convinzione che a guidare ogni tentativo di modifica della realtà sia l'anelito alla libertà, la tensione verso la giustizia e la speranza nel futuro".
Spazio poi al primo ospite, Roberto Lambertini, docente di Storia medioevale dell'Università di Macerata, massimo esperto di francescanesimo, autore, tra gli altri, di "La povertà pensata. Da Bonaventura a Ockham" (Mucchi, 2000) e "Dopo Francesco l'eredità difficile" (Gruppo Abele, 1989), che ha affrontato il tema "1517: i francescani tra riforma e rivoluzione".
La storia del movimento francescano è sempre stata quella di un costante tentativo di riforma della Chiesa e Lambertini ha offerto un'interessante panoramica storica, individuando alcuni importanti passaggi nella vicenda dell'ordine francescano. "Un secolo dopo la morte di Francesco, una minoranza, l'ala dei francescani ‘spirituali’, pose la questione di una ridefinizione della povertà, ma la rivolta fallì ed essi subirono in modo cruento l'opposizione di papa Giovanni XXII: i francescani non contestavano la ricchezza della Chiesa, ma affermare che abbracciavano la povertà significava dichiarare la perfezione del loro stile di vita, mettendo in discussione quello del pontefice".
La riforma, nota con il termine "Osservanza", iniziò a Brogliano, dove un frate fondò un convento, alla stregua di un eremo, in cui osservare con maggior rigore la regola, soluzione che ebbe straordinario successo. "La riforma del francescanesimo – ha proseguito Lambertini – assume l'aspetto di piccole comunità che si caratterizzano per la predicazione itinerante nelle città, diventando una realtà socialmente rilevante: ai frati osservanti si deve l'invenzione del Monte di pietà, del Monte frumentario, banche del grano da prestare ai contadini, e di ospedali dedicati alla cura dei poveri". Nel 1517 ci fu una sorta di "rivoluzione": le Osservanze ricevettero da Papa Leone X il privilegio di eleggere il ministro generale, diritto dal quale furono esclusi i non riformati, detti "conventuali". "Gli osservanti, che costituivano una sorta di gruppo di riformatori dissidenti, avevano acquisito un tale favore e una tale influenza da poter esercitare, secondo il Papa, l'egemonia sull'Ordine. Fu una sorta di ‘rivoluzione dall'alto’, condotta a suon di bolle, mentre i Conventuali, prima egemoni, diventarono un'enclave sotto tutela".
Questa rivoluzione papale, come ha evidenziato il docente, arrivò un po' in ritardo, inoltre, un'altra ala del francescanesimo, nota poi con il nome di Cappuccini, ottenne un decennio dopo uno statuto autonomo. "Quanto avvenuto nel 1517 – ha concluso -, può quindi essere visto anche come il primo passo verso la divisione dell'Ordine dei Frati Minori in famiglie diverse, che divennero in un certo senso Ordini autonomi l'uno dall'altro".
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