Il grande successo editoriale di Elsa Osorio è stato qualche anno fa “I vent’anni di Luz”, storia di una bambina adottata da una famiglia di militari dopo l’assassinio della madre militante nei “Montoneros”.
Ora la Osorio torna con un libro denso, tosto, impegnativo (Doppio fondo, Guanda, 2017, pagine 410, 19,50 euro) e le tematiche affrontate sono sempre le stesse – quasi un’ossessione cercata per questa generazione di scrittori -: le persone scomparse, gli aguzzini che li torturavano cercando di carpirne qualche segreto sui loro compagni in clandestinità.
Ne esce un racconto intriso di suspense, un noir in salsa tipicamente sudamericana, un giro di tango tra carcerieri e braccati. Due tipi di umanità contrapposti, irriducibili, stretti in una lotta che è una corsa mozzafiato.
E’ un filo della storia che si srotola e si riarrotola in un andamento dove a venire stritolati sono i senza-potere, gli innocenti, donne e bambini che non sapranno mai chi sono le loro madri.
I fantasmi tornano – nelle tese pagine di Elsa Osorio – si stagliano all’orizzonte a impedire un bandolo di futuro tranquillo, pacificato. Occorre vigilare perché i fantasmi lugubri del passato non tornino a impedire la speranza. Un bel libro, esigente, non mette tranquilli, positivamente inquieta.
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