Centri antiviolenza, preziosi avamposti

Se ne parlerà il 13-14 ottobre a Rimini al Convegno Erickson “Affrontare la violenza sulle donne”

I Centri Antiviolenza, attivi da oltre vent’anni in Italia, sono spazi autonomi gestiti da organizzazioni di donne che accolgono donne di tutte le età che hanno subito violenza o che si sentono minacciate e sostengono i singoli percorsi di fuoriuscita dalla violenza. Lo fanno attraverso l’accoglienza telefonica, i colloqui personali, l’ospitalità in case rifugio. Presenti su tutto il territorio nazionale, svolgono un’attività preziosa a sostegno delle donne maltrattate, lavorando anche a livello di formazione, prevenzione e sensibilizzazione culturale. Se ne parlerà in occasione del Convegno Internazionale “Affrontare la violenza sulle donne – Prevenzione, riconoscimento e percorsi di uscita” organizzato dal Centro Studi Erickson al Palacongressi di Rimini i prossimi 13 e 14 ottobre.

I centri promuovono interventi di prevenzione, formazione e sensibilizzazione, intervenendo attivamente per il cambiamento della cultura e delle convenzioni sociali che sono alla base della violenza maschile contro le donne. “Disponendo però di pochissime risorse economiche – spiega Lella Palladino, esperta in tematiche di genere e relatrice al Convegno Erickson – non tutti i centri sono aperti 24 ore su 24 e riescono a garantire la reperibilità sull’emergenza. Rappresentano ciò nonostante la risposta più efficace alla violenza, se pur in maniera disomogenea sul territorio”.

Ma chi sono le donne che si rivolgono ai Centri Antiviolenza? Sono donne di ogni tipo e provenienza socio-culturale, sia nate in Italia che migranti, di tutte le età con o senza figli. “Questo conferma della trasversalità del fenomeno – riflette Palladino, che dal 24 settembre scorso è presidente di D.i.Re (Donne in rete contro la violenza), realtà che raccoglie in un unico progetto oltre 80 organizzazioni di donne che affrontano il tema della violenza maschile sulle donne secondo l’ottica della differenza di genere -. Le donne arrivano ai Centri spontaneamente o su invio del 1522 (il numero governativo contro la violenza di genere), della rete territoriale dei servizi socio-sanitari o delle forze dell’ordine. Alla nostra rete si rivolgono più di 16.000 donne all’anno, ma non è facile disporre di dati esaustivi e realmente rappresentativi. Per aiutare le donne a venire da noi sarebbe importante valorizzare maggiormente il lavoro che viene svolto dai Centri e il loro ruolo, sia a livello istituzionale che nel mondo della comunicazione”.

“Il nostro obiettivo principale – continua Palladino – è attivare processi di trasformazione culturale e intervenire sulle dinamiche strutturali da cui origina la violenza maschile sulle donne”. In Italia bisogna lavorare ancora molto, soprattutto a livello istituzionale, per sensibilizzare sul tema della violenza maschile contro le donne. Negli ultimi anni si è finalmente rotto il silenzio che ha negato per lungo tempo l’esistenza di questo problema strutturale nella nostra società. Nonostante tutto, però, la narrazione della violenza è ancora permeata da distorsioni e strumentalizzazioni. “Bisogna continuare a insistere perché finalmente si metta in connessione la violenza contro le donne con l’asimmetria di potere tra i generi ancora presente, con le dimensioni di potere e controllo esercitate in famiglia sui corpi e i destini delle donne, con le discriminazioni che attraversano la vita delle donne in tutti i contesti relazionali e di lavoro”, conclude Lella Palladino. “Basterebbe realmente recepire e attuare la Convenzione di Istanbul”.

Il programma dettagliato del convegno e l’elenco completo dei relatori: eventi.erickson.it/donne-violenza.

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