Pedoni, ciclisti, automobilisti – dal soggetto più debole (il pedone) al più forte (l’automobilista) – si incrociano continuamente sulle strade delle nostre città. E’ una convivenza talvolta difficile. La pericolosità delle strade, il traffico, la velocità e talvolta l’imprudenza degli automobilisti scoraggiano l’uso quotidiano della bicicletta, anche se, laddove le amministrazioni comunali hanno investito in percorsi ciclabili e ciclopedonali, si registra un aumento delle persone che scelgono la bicicletta come mezzo di mobilità alternativo. Per migliorare la sicurezza stradale, dicono gli addetti ai lavori, si può intervenire sulle infrastrutture di trasporto, da una parte, e sul comportamento degli utenti, dall’altra. Alla vigilia della Settimana europea della mobilità sostenibile (16-22 settembre), ne parliamo con il commissario capo Pierangelo Vescovi, vice comandante del Corpo di polizia municipale di Trento-Monte Bondone.
Ognuno di noi può essere di volta in volta pedone, ciclista, automobilista. Come migliorare la convivenza tra gli utenti della strada?
Un buon punto di partenza è il rispetto del Codice della Strada. Il problema è che non tutti lo rispettano. Ad esempio, non tutti i ciclisti ottemperano all’obbligo di percorrere una ciclabile o un percorso ciclopedonale, se presente, e si infilano in mezzo alle automobili. Oppure circolano sul marciapiede, adducendo a giustificazione la pericolosità della strada.
Come dar loro torto? Spesso chi è alla guida ha scarsa considerazione per ciclisti e pedoni.
C’è bisogno indubbiamente di far crescere la cultura della bicicletta: gli automobilisti devono avere un’attenzione particolare nei confronti delle biciclette.
Quali consuetudini più diffuse tra i ciclisti cozzano con il Codice della Strada?
La più comune è il procedere affiancati. Si può, ma in determinate situazioni e non fuori dei centri abitati. La maggior parte dei ciclisti che escono in gruppo non rispetta questa norma.
Un altro comportamento in bici che va stigmatizzato?
Pochi segnalano con il braccio a chi li segue un cambio di corsia o una svolta. Ma è un comportamento scorretto. Nei Paesi del nord Europa, invece, dove l’utilità di queste regole è stata assimilata da tempo, è normale indicare chiaramente le proprie intenzioni agli altri utenti della strada.
Come intervenite in questi casi?
Di regola è sufficiente un richiamo verbale, ad esempio l’invito a scendere con la bici dal marciapiede. Le sanzioni finora erogate riguardano prevalentemente la mancata precedenza o il passaggio con il semaforo rosso.
Si diffondono sempre di più i percorsi misti ciclopedonali. Come la mettiamo con la convivenza bicicletta-pedone?
Vige sempre la norma che l’utente più forte, in questo caso chi è in bicicletta, deve rispettare il più debole, all’occorrenza fermandosi, ad esempio se c’è un gruppo di pedoni.
Far crescere la sicurezza sulle strade agendo sul comportamento degli utenti. Quanto conta l’educazione stradale?
Moltissimo. Per questo l’amministrazione comunale di Trento e il Corpo di polizia municipale promuovono con convinzione l’educazione stradale nelle scuole. Se ne occupa una sezione specifica della Polizia locale. Abbiamo cominciato a svolgere un’opera di sensibilizzazione e di informazione anche nelle scuole dell’infanzia. Il programma di educazione stradale sfocia ogni anno, a maggio, in una prova pratica, una sorta di mini-test, al termine del quale viene stilata una classifica tra le classi partecipanti.
Qualche dato sugli incidenti occorsi?
Nel 2016 ci sono stati 40 sinistri: 4 con scontro tra bici e pedone, 10 con caduta della bici, 3 tamponamenti tra bici, 10 scontri tra bici e auto in cui la responsabilità era del ciclista e 13 incidenti auto-bici attribuibili all’automobilista, in genere per mancata precedenza.
Nel 2017?
Fino al 30 giugno, 9 bici contro auto per responsabilità dei ciclisti e 16 auto contro bici per colpa dell’automobilista. C’è stato un leggero aumento, dovuto forse all’aumento della circolazione di biciclette.
Una progettazione urbanistica mirata può contribuire in maniera significativa ad aumentare la sicurezza e a ridurre il numero degli incidenti?
La progettazione di percorsi separati per le biciclette non può che avere ripercussioni positive sia sulla mobilità sia sulla sicurezza della circolazione. L’amministrazione, negli ultimi anni, ha avuto un’attenzione particolare in questo senso.
Ne sono un esempio le isole ambientali, che moderano la preminenza dell’automobile e rallentano il traffico con restringimenti della carreggiata, dossi, attraversamenti protetti.
Nei momenti di punta del traffico, ad esempio al mattino, ciò comporta qualche rallentamento, ma i vantaggi sono indubitabili, soprattutto in termini di maggior sicurezza degli utenti deboli.
Cosa dire allora a chi al mattino va al lavoro e si lamenta per le code?
Che ciò consente che anche le utenze deboli abbiano altrettanta mobilità. Forse manca ancora, ripeto, una cultura della circolazione in bicicletta che invece riscontriamo in altre realtà, in Paesi come l’Olanda o la Danimarca.
La sfida nella sicurezza stradale per il futuro?
La sfida è quella di prestare sempre maggiore attenzione all’utenza debole: il pedone è il soggetto debole rispetto al ciclista (e all’automobilista), il ciclista lo è rispetto all’automobilista, che a sua volta è “debole” rispetto a chi conduce mezzi pesanti… Se ci fosse quest’attenzione, ci sarebbero meno sinistri. L’altra sfida è quella dell’educazione stradale.
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