“Nelle crepe entra la luce”

L'Arcivescovo Lauro e il prof. Vittadini all'Happening di Vigolo Vattaro rilanciano una visione positiva dell'esperienza umana

Per inserirsi nel clima festoso del secondo Happening promosso a Vigolo Vattaro da “Nitida Stella” e “Il faggio”, l'Arcivescovo Lauro venerdì scorso ha dapprima scherzato sulla sua appartenenza al movimento di CL (“non sono stato ciellino e non morirò ciellino”), ma poi ha confessato di aver letto le riflessioni di don Giussani, a partire dal suo testo su “Il senso religioso” trovando sintonia e ispirazione in vari passaggi. Ad esempio, l'affermazione che “la vera conoscenza passa sempre dall'esperienza” con l'invito a considerare sempre la realtà (“superiore alle idee”, secondo Papa Francesco) senza perdersi in ideologie astratte.

Tisi ha indicato poi gli ambienti della sanità (“dove si sperimenta la fragilità ma anche la prossimità”) e della scuola (“dove si attingono le motivazioni per vivere”) e della famiglia come luoghi in cui sperimentare come la fragilità dell'uomo, quando viene accolta e valorizzata, si trasforma in ricchezza di vita. Era il tema dell'Happening espresso da una frase di Leonard Cohen (“C'è una crepa in ogni cosa. E' così che entra la luce”) come invito a non fermarsi alle visione catastrofiste veicolate dai media, ma a “coltivare uno sguardo positivo sulla realtà”, come ha detto Paolo Cainelli introducendo il confronto affollato da oltre 200 persone e accolto dal sindaco David Perazzoli.

Dalla lettera ai Romani, in cui Paolo afferma che “tutto concorre al bene”, l'Arcivescovo ha ricavato un richiamo a non indugiare nelle lamentele (“anche come Chiesa”), ma a saper cogliere i segni di speranza, che passano attraverso le relazioni autentiche, il contatto diretto (“sapete che io sono molto critico davanti all'isolamento narcisistico in cui ci portano molti social…”), le esperienze caritative, i momenti formativi di comunità.

“Dobbiamo liberarci dal dare priorità alle strutture e agli apparati” – ha esclamato – per guardare all'unica cosa importante che è la fraternità, i gesti di fraternità che danno una vera anima anche alle nostre realtà storiche come le parrocchie e gli oratori. Ma perfino un Collegio universitario può non essere uno spazio educativo, se all'interno non si fa vera esperienza di fraternità”.

L'Arcivescovo, che si è poi fermato a cena dialogando anche con tante famiglie e giovani del movimento, ha rieccheggiato anche alcuni spunti della testimonianza del prof. Giorgio Vittadini, uno dei primi discepoli di Giussani.

Narrando la parabola della propria vita, che lo ha portato da un'iniziale avversione per gli studi matematici alla cattedra di Statistica e dalla presidenza della Fondazione della Sussidiarietà, Vittadini ha teorizzato che soltanto quando si riesce a riconoscere e manifestare le proprie crepe allora si fa spazio alla luce degli altri. “Mi sentivo come una mela – osservava con un altro immagina – che non voleva farsi toccare, finchè non ho trovato qualcuno che mi ha accettato anche con la mia brutta buccia, e mi ha portato a gustare la felicità”.

La svolta della sua vita è passata anche attraverso una relazione di stima e di aiuto con un collega ammalato di Parkinson e poi con l'assistenza dell'anziana mamma, forte nella fede. “Nella vita e anche nelle vicende ecclesiali non mancano delusioni e sconfitte – concludeva applauditissimo Vittadini – ma noi siamo fatti per la felicità e alla fine il cuore viene fuori, alla fine dentro le crepe entra la Luce vera”.

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