Le strade “virtuali” sono i nuovi luoghi di incontro delle persone. Ma anche quelle telematiche acquistano valore solo se permettono alle persone di viaggiare
Oggi le persone possono viaggiare senza muoversi da casa, possono incontrarsi sulle strade digitali, quelle che qualche anno fa chiamavamo “virtuali” e che sono invece diventate concrete, concretissime. Le rendono tali proprio le persone che le frequentano, le informazioni che ci viaggiano, le relazioni che vi si stabiliscono.
E rende concreta la rete anche la sua struttura fisica: i cavi, i trasmettitori, i nodi di smistamento, che non vediamo e di cui forse non ci rendiamo conto, ma che sono i canali su cui avviene la circolazione dei dati.
Nella giornata di oggi, ad esempio, i 3 miliardi e 700 milioni di utenti in rete nel mondo hanno inviato quasi 160 miliardi di messaggi di posta elettronica e 450 milioni di “tweet”, scritto qualcosa su 3 milioni e mezzo di blog e su 1 miliardo e 300 milioni di siti web, hanno fatto su google più di 3 miliardi e mezzo di ricerche, scaricato più di 4 miliardi di video da youtube. Quasi due miliardi di persone sono attive su Facebook. Il traffico totale su internet è di circa tre miliardi di Gigabyte, con un consumo di energia elettrica di 2,5 milioni di megawatt, pari a quello che l’Uganda, o il Kosovo o la Giamaica consumano in un anno, il doppio del consumo annuo del Niger o del Burkina Faso.
Cifre impressionanti, che dimostrano quanto le strade della rete siano affollate e come servano collegamenti sempre più veloci e “capienti”. La sfida tecnologica della rete è appunto quella di combinare “autostrade digitali” con “regole di traffico”, protocolli, che portino a destinazione ogni singolo bit correttamente e con piena sicurezza, tanto che l’utente abbia l’impressione che la rete sia interamente dedicata alle sue esigenze e la sua privacy sia garantita.
Realizzare una rete internet veloce, a “banda larga” o “ultralarga”, come sarà presto richiesta dall’arrivo di infiniti dispositivi “intelligenti”, come quelli con cui si regolano a distanza il riscaldamento o gli elettrodomestici, si controllano i sistemi di traffico urbano e la videosorveglianza, presenta complessità tecniche notevoli e costi elevatissimi e richiede in molti casi un sostegno statale, soprattutto nelle zone dove non ci sarebbe convenienza economica. Per questo molti ritengono che la struttura fisica della rete converrebbe fosse di proprietà pubblica, o che almeno fosse regolata la disponibilità dell’accesso alla rete a pari condizioni per tutti. Si tratta della cosiddetta “net neutrality”: molti ritengono doveroso che le tariffe d’uso della rete non dipendano dalla tipologia di utenti o dei dati che circolano, ma altri si oppongono in nome della economicità di gestione. Sono coinvolti gli interessi dei gestori della rete, dei gestori delle piattaforme applicative (Google, Facebook, Amazon…) che offrono servizi agli utenti, degli utenti stessi e del rilievo pubblico che la rete ormai ha raggiunto. Il dibattito è aperto, ed è significativo della novità e complessità dei problemi che le tecnologie presentano all’attenzione pubblica. I legislatori si trovano spesso a “rincorrere” situazioni che non hanno saputo prevedere o che hanno disciplinato con leggi inadeguate.
Le strade, anche quelle telematiche, acquistano valore però solo se permettono alle persone di viaggiare. Le statistiche sono concordi nel registrare una frequenza su Internet di una larga parte della popolazione, e una prevalenza di Facebook come ambiente social: in Italia due terzi degli abitanti hanno accesso alla rete, un terzo di chi usa i social lo fa con Facebook.
Le strade e i viaggi del futuro saranno dunque sempre più digitali. E se hanno ragione, con le loro canzoni poetiche, Bob Dylan (per quante strade un uomo deve camminare, per essere detto “uomo”) e Giorgio Gaber (c’è solo la strada … per conoscere chi siamo), non è vano interrogarsi su quali emozioni, quali incontri, quale nutrimento per lo spirito e quale crescita interiore potrà realizzare l’uomo “tecnologico”, che sempre più assume i volti dei nostri figli, a cui consegnamo una realtà e modelli di vita da combinare in forme nuove, ancora da scoprire compiutamente.
Andrea Tomasi*
*docente di Sistemi Informativi e di Informatica per le Scienze Umane all’Università di Pisa e Membro del Consiglio Direttivo di Weca, l’associazione webcattolici italiani
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