Per cominciare, l’immobile è stato liberato dalle macerie grazie al lavoro di un gruppo di volontari, compresi anche un architetto e un geometra. Per la pulizia degli spazi sono state impiegate sei persone, individuate tra coloro che chiedono aiuto al Fondo di Solidarietà decanale di Rovereto (che ha sostenuto ad oggi oltre 600 famiglie) e tra i richiedenti asilo. Hanno seguito un corso per la sicurezza e una volta formati si sono messi al lavoro per rendere accessibili gli spazi ora in attesa di essere completamente risanati.
E qui sta la vera sfida. Il neonato gruppo di lavoro vorrebbe infatti dare concretezza al desiderio di trasformare la ristrutturazione e l’utilizzo futuro dello stabile in un’esperienza pratica di condivisione, utilizzando una modalità tale che il “fare la casa” diventi uno strumento per “fare comunità”, creando luoghi accoglienti.
Il metodo si traduce nell’auto-costruzione: se la struttura esterna e il rifacimento del tetto sarebbero, infatti, commissionati a un’impresa (chiamata a operare anch’essa nella logica della sostenibilità e della condivisione), il lavoro di risanamento verrebbe invece affidato a soggetti auto-costruttori, che potrebbero in seguito usufruire di parte dell’immobile da loro realizzato. Oltre al contributo dei volontari, il gruppo di lavoro dovrà individuare altre forme di partecipazione economica, senza escludere l’auto-finanziamento; in ogni caso, evitando un aggravio di spese per la parrocchia.
“Siamo noi – scrivono i membri del gruppo di lavoro, guidato dal decano don Sergio Nicolli –, noi con le nostre abilità, noi con i nostri desideri, con i nostri limiti. Noi giovani, adulti, anziani, locali, noi ‘stranieri’: mettere a disposizione le proprie abilità a servizio di altri e imparare da loro. Un sogno che potrebbe presto divenire realtà”.
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