Fratel Paolo Ruatti, medico “umanista” sulle orme di Stablum

Religioso tra i Figli dell’Immacolata Concezione (“Padre Monti”), metteva l’uomo al centro della relazione tra medico e paziente

Terzolas è un piccolo paese, una comunità compatta. Da questo angolo della Val di Sole, nel XX secolo sono partiti alcuni giovani che hanno scritto una storia importante. Il primo tra loro è stato Emanuele Stablum, religioso-laico e medico nella comunità del Beato Luigi Monti.

Stablum fece da apripista e altri seguirono la sua stessa strada. Da Terzolas (e dintorni) nove giovani hanno detto di “sì”, a coprire insieme oltre un secolo di storia. Tra essi Paolo Ruatti, morto il 31 maggio 2017: pure per lui una vita da frate dermatologo, come per fratel Emanuele che morì a 55 anni nel 1950 e del quale è in corso la causa di beatificazione.

Paolo era nato il 5 luglio 1940, primo di tre figli, unico maschio. Nel 1962 aveva già fatto voti definitivi come religioso tra i Figli dell’Immacolata Concezione e una decina d’anni dopo si laureò in medicina e chirurgia alla “Cattolica” di Roma. A completamento di questi studi vennero successive specializzazioni e, soprattutto, la pratica medica nell’Istituto Dermopatico Immacolata (IDI) di Roma. L’IDI fu teatro dell’opera qualificata e coraggiosa di Stablum e in quell’ospedale Ruatti acquisì notevoli capacità cliniche affiancando altri confratelli che avevano ereditato quella grande tradizione, tra i quali Cavalieri, Prandina, Simoni. Ma fu nella sede dell’IDI di Capranica (Viterbo) che fratel Paolo ebbe modo di esprimere il meglio di sé: dal 1975 per molti anni fu responsabile sanitario di quella struttura, un punto di riferimento per un ampio territorio tra Alto Lazio, Toscana e Umbria.

Un ruolo determinante lo ebbe anche nell’avvio del Poliambulatorio Padre Monti di Saronno (Varese), dove venne subito apprezzato da pazienti e colleghi. Nel 2004 Ruatti fu chiamato a ricoprire la funzione di preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica di Tirana, fondata dalla sua Congregazione in partenariato con altre Università statali italiane. L’iniziativa ebbe un notevole successo e nel 2006 Ruatti fu nominato rettore, carica che ricoprì fino al 2014.

Medico in dimensione umana

Le qualità personali lo resero un medico “umanista”, cioè ricco di quella dimensione umana che, francamente, oggi suscita nostalgia di una medicina un po’ meno mercantile e burocratizzata. Anche in ambito clinico, oggi tecnicizzato, egli dimostrava competenze sensoriali per effettuare diagnosi in dermatologia, branca medica che riguarda la pelle, organo di superficie. Era ben fissa in lui la celebre frase del dott. Stablum che invitava a “cercare sempre fra le pieghe di un dolore il tormento di un’anima; udire in ogni istante di fronte al malato il richiamo indiretto di Gesù: ‘vedi, colui che amo è infermo’; allontanarsi dal fratello sofferente – soddisfatti di un dovere compiuto – solo quando le cure premurose, le parole amorevoli di comprensione ce lo hanno reso amico”.

La regola della misericordia

Erede di questa tradizione, il dott. Ruatti ha trasmesso una visione dell’uomo orientata alla misericordia: nei miei colloqui con lui ho avvertito sempre sentimenti di comprensione, mai giudizi di condanna. Attraverso una lunga pratica clinica aveva certamente conoscenza dell’umano. Per lui l’uomo rimaneva al centro della relazione tra medico e paziente, non la malattia o le sue cause.

Con la morte di Ruatti la comunità di Terzolas (e forse l’intera Val di Sole) si trova ora a fare memoria di una storia centenaria che ha preso avvio con la figura del Servo di Dio Emanuele Stablum. Si tratta adesso di coltivare un’eredità morale che ha raggiunto, se non proprio un compimento, una piena manifestazione.

Stablum, Penasa, Girardi, Manini, Baggia, Guarnieri costituiscono, con Ruatti, i tasselli di un mosaico non fatto di pietre colorate, ma di storie umane. Cognomi che la comunità religiosa del beato Luigi Monti tramanda come di atleti che hanno corso con amore e audacia la loro gara per Dio e per il prossimo più bisognoso. Piccole luci sono ancora accese. Che la loro terra nativa sappia raccoglierne il testimone per nuovi orizzonti, poiché è permanente l’esigenza di costruire un mondo più umano, illuminato di Vangelo. Qualcuno vorrà tenere accesa questa fiamma?

Fratel Ruggero Valentini

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