Il governo Gentiloni gode di molti apprezzamenti sia in Italia che all’estero, ma viene guardato come un fenomeno perennemente sull’orlo di una crisi parlamentare (si potrebbe aggiungere per la crisi di nervi di qualcuno, ma lasciamo perdere). Si fa della facile ironia dicendo di lui quel che dice una canzoncina della torre di Pisa, quella “che pende, che pende, ma mai non va giù”. Però non si riesce ad evitare di chiedersi quanto si possa andare avanti in queste condizioni.
L’interpretazione prevalente è che alla fine a nessuno convenga far cadere il governo ora, quando ci sarebbe ancora la possibilità di predisporsi per un voto anticipato in autunno. Se si riesce ad arrivare indenni all’autunno il gioco è fatto: quando partirà il dibattito sulla legge finanziaria non si potrà interromperlo bruscamente e se si riesce a tirare fino ad ottobre, si è a posto, perché sciogliendo la legislatura bisognerebbe votare in pieno inverno, cosa che non si è mai fatta per evidenti ragioni climatiche. Così si arriva tranquillamente almeno a febbraio, cioè a fine legislatura.
Solo che il governo non può tirare a vivacchiare. Lo impedisce lo scoglio della legge finanziaria, perché su quella sono puntati gli occhi degli eurocrati di Bruxelles, ma anche quelli ancor più pericolosi dei mercati. Ma sembra molto difficile che in piena campagna elettorale (perché questo è ormai il contesto) tutti i partiti rinuncino alle battaglie a favore delle lobby e dei ceti sociali che ciascuno rappresenta o ritiene di rappresentare. Ciò significa che sarà un discreto caos, perché questa volta non ci sono risorse per accontentare almeno un pochino tutti. Si è ventilata la possibilità di accettare un blocco che impedisca il passaggio della finanziaria accontentandosi dell’esercizio provvisorio in attesa che arrivi il governo sanzionato dalle urne.
Francamente ci sembrerebbe una situazione molto pericolosa per almeno due ragioni. La prima è che diventeremmo veramente impotenti davanti all’Europa, perché ottenere ascolto su questioni drammatiche come quella dei migranti sarà difficilissimo, visto che potrà sempre esserci rinfacciato che è tutta colpa della nostra incapacità di governare come dimostrerebbe l’impasse sulla legge di bilancio. La seconda ragione è che senza aver fissato un quadro alle spese dello stato la campagna elettorale sarà terreno per le più varie sparate e promesse sulla finanza futura. Se si pensa che già adesso si comincia a fantasticare sulla praticabilità di una cosiddetta “flat tax”, cioè su una bassa aliquota fiscale eguale per tutti senza chiedersi come concretamente si potrebbe far fronte ai colpi di coda di una rivoluzione così radicale, si può ben capire cosa potrebbe aspettarci.
Anche a prescindere da questo passaggio il governo Gentiloni ha non poche prove da superare. Quella che tutti conoscono è la questione della legge sullo ius soli, rinviata all’autunno per evitare che il partitino di Alfano faccia cadere il governo (anche se chi scrive dubita molto che avrebbe avuto il coraggio di farlo). Ma l’autunno arriva, e verrà dopo una stagione di sbarchi degli immigrati che si preannuncia piuttosto calda e dunque non si capisce come allora potranno esserci condizioni migliori. Tuttavia le prove non si limitano certo a questo passaggio dall’alto valore simbolico e morale. Tanto per dire, c’è sempre la questione aperta della ricostruzione post terremoto che non pare stia andando molto bene: anche quella è una questione su cui si può speculare molto in campagna elettorale.
Di fatto, come ha scritto autorevolmente Stefano Folli, il governo Gentiloni è diventato una specie di monocolore, anzi uno di quei governi che nella prima repubblica si chiamavano “monocolori di decantazione”. E’ precario, ma lo è orgogliosamente e pensa di poter fare egualmente bene il proprio dovere. Bisognerà vedere se le mille fibrillazioni che percorrono il quadro politico gli consentiranno di continuare: con ministri e sottosegretari che vanno alle manifestazioni della sinistra antigovernativa ed altri che in parallelo affermano apertamente di organizzarsi per tornare nel centrodestra antigovernativo, Gentiloni non può dormire sonni tranquilli.
Si può far bene anche da precari, ma non oltre un certo limite.
Lascia una recensione