Una tematica ricorrente è quella del viaggio, dell’andare, per terra e per mare
Il dramma delle migrazioni irrompe alla 57a Esposizione internazionale d’Arte di Venezia. E come poteva essere altrimenti se l’arte, nelle sue forme più genuine, rappresenta la vita? E se le migrazioni evidenziano una questione epocale destinata a durare e a sconvolgere gli equilibri e gli assetti economico-sociali e, correlate, le inedite, inevitabili, novità culturali?
Girando per i vasti padiglioni stipati all’inverosimile da visitatori di tutto il mondo – e impressiona la presenza massiccia di giovani e giovanissimi, soprattutto ragazze, attente, esigenti – emerge una tematica ricorrente che è quella del viaggio, dell’andare, per terra e per mare.
Dei 120 artisti invitati, ben 103 sono presenti per la prima volta. Il percorso si snoda intorno a nove capitoli o famiglie di artisti, ma dal Padiglione centrale, all’Arsenale al Giardino delle Vergini se è agevole palesare un comun denominatore è, appunto, quello che si concentra sulle tematiche del cambiamento, della flessibilità mentale – oltre ogni tentativo di irrigidimenti che lasciano il tempo che trovano perché anacronistici e inadeguati – fino a suggerire la necessità di un nuovo umanesimo, anche se la parola, il suo contenuto denso di significati, può risultare pretenziosa e provocatoria.
E’ un mescolarsi di esperienze e di vite, quello che emerge, un “meticciato” di culture e di modi e abitudini di vita collettiva, dall’Africa (dalle Afriche) all’Asia (dalle tante Asie), all’America Latina (quante eterogeneità!) risuona alta la necessità di salvaguardare l’habitat e l’ambiente naturale.
Pure altre manifestazioni artistiche, autonome ma attigue alla Biennale d’Arte, si sono mosse nello stesso solco. E’ il caso di “Fin che la barca va” – mostra promossa da Vernice Contemporanea Art Management, in collaborazione con Fida Trento (Federazione italiana degli artisti), Spazio Kanz, M’sur Revista del Mediterráneo, La casa de las Sirenas e l’Ayuntamiento de Sevilla – che a giugno ha proposto allo Spazio Kanz in Campo San Giacomo da l’Orio, nell’ambito del Circuito Off della Biennale, una piccola, ma densa raccolta d’arte contemporanea incentrata sulla tematica dei “corpi”, l’essere umano, tante persone in carne ed ossa ciascuno con la propria irripetibile individualità, che perdono l’identità di esseri umani per “ridursi” a corpi.
“Corpi che vengono imbarcati, corpi che si perdono in mare, corpi che vengono respinti, corpi che diventano illegali e corpi che vogliono tornare a essere persone”. Persone con sentimenti, affetti, vite trascorse, un presente incertissimo e una speranza – insita in ciascuno di noi – per un futuro diverso e migliore. E qui ci sono i “nostri” Matteo Boato con le sue “Ombre”, Sombras; Paola Bradamante con “Alla deriva”; Barbara Cappello (nata a Bolzano, vive e lavora a Trento) con “Straniera”. Francesca Libardoni con “Nessun dorma”, acrilico su tela, colori densi, una trama intricata nell’arte astratta. La mostra dopo Venezia a ottobre sarà a Siviglia, in Spagna.
Nessun dorma, un monito, oltre l’arte, per la vita.
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