Costruita negli anni Cinquanta, dal 1958 custodiva le spoglie del beato Mayr-Nusser
Bolzano – “Chiesa del bosco”, così l’artista Franz Messner aveva definito e concepito la chiesetta di San Giuseppe a Stella di Renon. Incaricato della ristrutturazione in vista del trasferimento dei resti di Josef Mayr-Nusser da Stella al Duomo di Bolzano, Messner è scomparso nel gennaio di quest’anno. L’opera, inaugurata sabato scorso, è stata portata a termini dai figli, gli architetti David e Verena Messner.
Il rito di consacrazione del nuovo altare e della benedizione della chiesa è stato concelebrato dal vescovo Ivo Muser, dal vicario generale don Eugen Runggaldier e da don Toni Fiung, assistente spirituale della “Haus der Familie” (Casa della famiglia), cui appartiene la struttura. Costruita negli anni Cinquanta, dal 1958 custodiva le spoglie del beato altoatesino, dopo il suo “rientro in patria”. Fino ad allora la salma era rimasta nel cimitero di Erlangen, dove Mayr-Nusser era morto, in un carro bestiame, il 24 febbraio del 1945.
Sono stati ristrutturati ora l’interno della chiesa, con la sacrestia al piano interrato e il sottotetto, dove si è ricavata una stanza per i gruppi, un luogo di meditazione per incontri spirituali. La facciata orientale della chiesa è stata aperta con un’ampia vetrata, dando così la possibilità di guardare dall’interno il bosco di larici circostante e i colori delle stagioni che si alternano. Una reliquia del beato Josef Mayr-Nusser è stata posta nell’altare. “Che essa – ha detto il vescovo – tenga vivo il ricordo del coraggio e delle convinzioni cristiane di quest’uomo, che fu prudente e riflessivo nei suoi giudizi e nella sua critica, per non offendere o ferire. Testimoniò però la sua fede con grande chiarezza, con lungimiranza e con tutta la sua vita”.
Josef Mayr-Nusser, che dovette rinunciare ai benefici di una vita familiare, resta punto di riferimento per chi frequenta la “Casa della famiglia”. Egli, si legge sul pannello della mostra a lui dedicata, “sa bene qual è la ricchezza e quali sono i limiti della famiglia. La famiglia è il luogo dove si impara ad amare, per poi portare questo amore al di fuori, oltre i legami di parentela e di sangue. Ai poveri e a chi è solo. Nella ricerca della verità e nella testimonianza del bene”. “La moglie Hildegard e il piccolo Albert sono sempre nei suoi pensieri. Hildegard in particolare è compagna di strada e sostegno convinto. Si può certamente affermare che la decisione sulla testimonianza finale Josef e Hildegard l’abbiano presa insieme”, come conferma la lettera scritta da Konitz, sede del campo di addestramento delle SS, alla fine di settembre del 1944: “Carissima Hildegard! … Questa spontanea concordanza riguardo a quanto abbiamo di più sacro, è per me un’indicibile consolazione. Ciò che affligge il mio cuore di più è che la mia testimonianza, nel momento decisivo, possa causare a te, fedelissima compagna, disgrazia temporale”.
Quanto all’amore tra Josef e Hildegard, vale la pena riproporre le parole scritte dalla cella il 12 novembre dello stesso anno: “Amatissima Hildegard, … mi ha particolarmente riempito di gioia, nella tua lettera, ciò che scrivi del nostro amore. Sì, era veramente il primo amore, profondo e autentico! E siccome ti conosco e so a che cosa siamo legati nel profondo e soprattutto cosa ci unisce tra noi, sono convinto che questo amore reggerà anche alla dura prova rappresentata dal passo impostomi dalla mia coscienza!”.
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