La valorizzazione dell’area di circa otto ettari prevede infatti la riconversione agricola biodinamica dei numerosi terreni che saranno popolati da piante rigorosamente autoctone, il ricavo di grande prato pubblico attorno alla chiesetta che ospita gli affreschi del Cinquecento e la costruzione di alcune strutture seminterrate in legno in cui saranno situati dei laboratori di trasformazione dei prodotti coltivati in marmellate, prodotti per la casa e micro-birrificio, un piccolo punto vendita ai piedi della collina e la fattoria sociale che ospiterà gli animali utili al processo di biodinamicità delle colture, laboratori di pet-therapy e un piccolo caseificio.
Il filo rosso che legherà l’intera attività sul colle è quello del sociale: i posti di lavoro che saranno creati e la lavorazione delle terre verrà affidata ai soggetti svantaggiati nella misura maggiore possibile.
“Essendoci informati presso delle aziende fuori regione che hanno attuato progetti simili – dice Gottardi – abbiamo capito come l’attività sociale abbia una scarsa capacità di autofinanziamento e difficoltà a coprire i costi gestionali, per cui è necessario prevedere sinergie con servizi di ristoro e vendita dei prodotti”.
Lo scopo e il successo dei 35 soci è dunque quello di creare dunque un’azienda che si regga da sé, senza cercare minimamente lo spazio per un guadagno che sia diverso da quello comunitario. “Vogliamo semplicemente promuovere uno stile di vita in contatto con la natura e i suoi tempi, convinti che ciò costituisca benessere condiviso. L’unico modo per farlo in maniera dimostrativa è creare un bene che non ci appartenga più di quanto apparterrà alla comunità”. Un operato che contiene già il fine della propria azione.
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