Avrei voluto chiedere a don Lorenzo…

“Due cose mi avevano sempre incuriosito e non convinto in don Milani, ma non ho mai trovato il coraggio e l’occasione di chiedergliene ragione”, scrive Alex Langer nel suo articolo del 1987. “Avrei voluto capire quale eredità don Milani aveva ricevuto e conservato dall’ebraismo, che lui aveva abbandonato per convertirsi ad un rigoroso cattolicesimo. Ed avrei voluto domandargli la ragione della sua (eccessiva, secondo me) fiducia nelle grandi aggregazioni (la chiesa, la DC, i comunisti, il sindacato…), e della sua diffidenza e forse disprezzo per le minoranze (i ‘filo-cinesi’, il Psiup di allora, gli ‘estremisti’, le minoranze laico-radicali…). Avevo capito che lui credeva molto nelle grandi culture popolari e nella necessità che le idee forti si facessero strada in modo non elitario tra le grandi masse. Ma ho sempre avuto il sospetto che questa impostazione facesse in qualche modo violenza alla sua stessa storia, tutta quanta: dalla sua origine, al suo cammino nella chiesa fiorentina, fino all’esilio di Barbiana ed a quell’ultima sua disperata attesa di un cenno di riconoscimento e di apprezzamento da parte del suo vescovo e persecutore, il cardinale Florit”.

La considerazione finale di Langer: “Forse la prima domanda riceve implicitamente risposta dalla seconda, e dalla legge formale della chiesa, vissuta con la tenacia del ‘popolo della legge’ e con la caparbietà di un profeta che vuole indurre le corti e i sommi sacerdoti a cambiare strada”.

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