L'incontro tra l'altoatesino, studente a Firenze, e il prete di Barbiana
“Il ‘caso don Milani’ e la sua presa di posizione sull’obbedienza che non era più una virtù mi colpivano profondamente ed esprimevano una posizione morale ed esistenziale in cui anch’io mi riconoscevo. Volevo sapere di più…”
Bolzano – “Quando ero studente all’Università di Firenze, scoppiò in quella città la polemica tra don Lorenzo Milani e i cappellani militari”, comincia così l’articolo pubblicato da Alex Langer nel 1987 su “Azione nonviolenta”, in cui racconta dell’incontro col priore di Barbiana. “Personalmente ero fortemente tentato dall’idea dell’obiezione di coscienza, e al tempo stesso spaventato dal rischio carcerario che essa avrebbe comportato: per intanto avevo risolto il problema con il rinvio per motivi di studio. Ovviamente il ‘caso don Milani’ e la sua presa di posizione sull’obbedienza che non era più una virtù mi colpivano profondamente ed esprimevano una posizione morale ed esistenziale in cui anch’io mi riconoscevo. Volevo sapere di più su don Lorenzo Milani, e venni informato di un suo libro uscito qualche anno prima e tolto dalla circolazione per disposizione dell’autorità ecclesiastica”. Come trovarlo? “Bisognava andare alla Libreria Editrice Fiorentina, in via Ricasoli, individuare un certo libraio e dirgli con sguardo complice: ‘sono uno dei ragazzi di don Lorenzo e dovrei prendermi il suo libro’; così feci, dopo di che ricevetti regolarmente una copia di ‘Esperienze pastorali’, tolta dall’armadietto dei veleni”.
Un testo di difficile lettura, ammette Langer, “perché fortemente ancorato – anche nel linguaggio – alla realtà toscana, dove per esempio gli operai godevano di un prestigio sociale infinitamente superiore a quello dei contadini: tutto il contrario del Sudtirolo”. “Ma avevo capito una cosa determinante: che don Lorenzo Milani aveva deciso di voler parlare ‘ai poveri’ e che per poterlo fare doveva prima ‘dare loro la parola’: così aveva deciso di fare scuola, come presupposto essenziale di evangelizzazione. Caduto in odore di filo-comunismo, era stato tolto dalla circolazione, come il suo libro: mandarlo a Barbiana, significava renderlo muto ed isolato”.
Alex Langer va a trovare don Lorenzo, con un amico, dopo lo scoppio della polemica sull’obiezione di coscienza. “Ci ricevette nella sua canonica, rubando un po’ di tempo ai ragazzi ed alla scuola”.
Due tra le provocazioni di don Milani rimangono particolarmente impresse nella memoria di Langer. “Dovete abbandonare l’Università. Voi non fate altro che aumentare la distanza che c’è tra noi e la grande massa della gente non istruita. Fate piuttosto qualcosa per colmare quella distanza. Portate gli altri al livello in cui voi vi trovate oggi, e poi tutti insieme si farà un passo avanti, e poi un altro ancora, e così via. Ma se voi continuate a correre, gli altri non vi raggiungeranno mai. So bene che potrete trovare altri anche preti! che vi diranno il contrario e che vi troveranno mille buone ragioni per continuare i vostri studi e per diventare dei bravi medici o giudici o scienziati al servizio del popolo. Ma in realtà sarete al servizio solo del vostro privilegio per curare le nostre malattie e per decidere le cause nei tribunali ci bastano i mercenari pagati, non c’è bisogno di voi”.
Commenta il “viaggiatore leggero”: “Non lasciammo l’Università. Ma demmo inizio a un doposcuola a Vingone, presso Scandicci, basato sul volontariato di parecchi universitari, e frequentato prevalentemente da figli di immigrati meridionali”.
Dopo la morte di don Milani sarà proprio Alex Langer a tradurre e a far pubblicare in tedesco la “Lettera a una professoressa”.
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