Genomica nel pozzo

Una ricerca sul genoma di 64 varietà di melo condotta dalla Fondazione Mach fa intravvedere risultati verosimili, ma lontani nel tempo

Porta la data del 5 giugno 2017 un comunicato stampa diffuso dalla Fondazione Mach che commentiamo con spirito critico, ma non disgiunto da proposte correttive per il futuro.

Vediamo innanzitutto il testo del messaggio del quale pubblichiamo solo la prima parte: “Un’importante ricerca scientifica è stata pubblicata on-line dalla prestigiosa rivista Nature Genetics. Un team di ricercatori di Fondazione Mach, INRA di Angers, Università di Wageningen e Max Plank Insitut di Tubingia ha risequenziato 64 genomi di melo attualmente coltivati in Europa e ha messo in luce le parti del genoma responsabili dello sviluppo del frutto. La ricerca realizzata grazie a tecnologie molecolari di ultimissima generazione consentirà al mondo scientifico di ottenere maggiori informazioni sui cromosomi del melo, perfezionare e velocizzare le attività di miglioramento genetico mirato ed ottenere varietà migliorative rispetto a quelle attualmente coltivate”.

Non riportiamo di proposito la seconda parte del comunicato. E’ scritta con un linguaggio per iniziati non per i frutticoltori i quali dovrebbero beneficiare dei risultai tangibili della ricerca.

Appare chiara l’intenzione di ottenere visibilità a livello  internazionale, non solo per evidenziare la potenza di fuoco del team di ricercatori che ha prodotto i risultati, ma anche per tenere aperti e possibilmente allargare i canali di finanziamento da parte dell’Unione europea.

Non importa se nel frattempo a Bruxelles continuerà ad imperare il divieto ad utilizzare le moderne biotecnologie che esperti di tutto il mondo considerano, a ragione, sostenibili perché non producono organismi geneticamente modificati (OGM). I media locali hanno riportato il comunicato stampa senza commento o tentativo di approfondimento. Silenzio da parte delle OP ortofrutticole che pure sono alla ricerca di varietà di melo innovative. Non c’è stata dichiarazione alcuna da parte di APOT che sostiene anche finanziariamente le ricerche  condotte dalla Fondazione Mach.

Appoggio silente o tacita convinzione che, comunque vadano le cose, i risultati si avranno a media o lunga scadenza?.

Non va sottaciuto il fatto che l’Associazione vivaisti frutticoli trentini è uscita dal CIF (consorzio innovazione frutta) quando i dirigenti si sono rifiutati di concorrere alle spese di un progetto di miglioramento varietale che riguardava non solo il melo, ma anche fragole e piccoli frutti. Speriamo che la conoscenza dettagliata dei genomi delle 64 varietà di melo e dei marcatori molecolari che ne facilitano l’individuazione serva almeno a rendere più veloce la verifica della avvenuta acquisizione dei caratteri desiderati nelle plantule di melo ottenute tramite incrocio e selezione.

Ma tra esperti di genomica e addetti alla ricerca di nuove varietà con metodi tradizionali che pure lavorano affiancati nel Centro ricerca e innovazione c’è collaborazione?

La risposta, a quanto sappiamo, è negativa.

Nel 2015 Andrea Segré a pochi mesi dall’assunzione della presidenza della Fondazione Mach, alla domanda di un giornalista de “L’informatore agrario”: “Come deve essere impostata la ricerca?” rispondeva “Gli ambiti di ricerca della Fondazione Mach sono di eccellenza e credo debbano continuare a raggiungere livelli elevati, però in una ottica locale, di ricaduta sul territorio”.

La dichiarazione di tre anni fa sembra essere contraddetta dal fatto che nel biennio 2015/16 la produzione scientifica del CRI è rappresentata da più di 400 articoli su riviste con fattore di impatto. La pubblicazione serve ai ricercatori per guadagnare punti per la carriera personale. Ma la frutticoltura non si può accontentare di riconoscimenti interessati.

Anche se i risultati tarderanno ad arrivare, confermiamo la fiducia nei ricercatori, sapendo che le difficoltà da superare non sono né poche, né lievi. Ma almeno si eviti di promettere (vedere, cercare) la luna nel pozzo.

Creando, speriamo involontariamente, una sorta di illusione ottica che però si infrange non appena si cerca di tirare fuori dal pozzo la luna riflessa.

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