La scrittrice trentina in un dialogo serrato sulla fede con un suo lettore attento, Juri Nervo, fondatore dell'Eremo del Silenzio
L'infermiera trentina Chiara M., alle prese da oltre 40 anni con una malattia cronica, logorante e dolorosa, ha raggiunto con i suoi tre libri editi da San Paolo migliaia di lettori in tutt'Italia (e anche all'estero, dove sono stati tradotti in varie lingue). Da molti, che le hanno scritto per incoraggiarla, consultarla o anche solo per tenerle compagnia, ha trovato sostegno in una corrispondenza spirituale a distanza, ininterrotta, rallentata solo dalla fatica fisica nel rispondere al computer e dalla disponibilità di tempo, riservato per lunghe ore alle terapie.
Con un lettore torinese, però, negli ultimi undici mesi il confronto si è rivelato particolarmente profondo e incalzante, al punto che ne è nata una nuova pubblicazione dal titolo “La cella e il silenzio, e altre occasioni di libertà” (sempre per Edizioni San Paolo), scritta felicemente a quattro mani (possiamo ben dirlo perché quelle di Chiara M. sono provate dalla malattia).
Lui è Juri Nervo, progettista di esperienze educative, teologo, piccolo fratello secolare, sposato, che a Torino ha dato vita ad una singolare esperienza di spiritualità fondando l’Eremo del Silenzio dentro l’ex carcere “Le Nuove” di Torino, ora Museo. Dalla lettura del terzo libro “Righe Storte” (2013), Juri ha avvertito che nel suo lavoro nel mondo del carcere, del disagio e della scuola aveva trovato molte consonanze con le riflessioni di Chiara nella convinzione che “scrivere su una riga storta è come dare un senso là dove nessuno lo vede più”.
I due prima avevano soltanto una conoscenza in comune (il direttore della libreria torinese dove Juri ha acquistato il libro), ma hanno compreso fin dalle brevi mail di saluto di condividere una ricerca di verità e di pace che poteva sortire scoperte interessanti. Per loro due, innanzitutto, ma anche per lettori vecchi e nuovi di Chiara M.
Rispetto ai primi due scritti autobiografici “Crudele dolcissimo amore” e “Oscura luminosissima notte”, questo testo consente di approfondire ulteriormente la ricchezza umana e spirituale della disabile trentina, collaboratrice della Pastorale delle salute diocesana e apprezzata editorialista di Vita Trentina. Grazie alle domande e alle osservazioni di Juri, ogni lettore torna di nuovo a dialogare con Chiara, gode delle sue risposte, si lascia interrogare dalle sue domande.
E' un moderno “colloquio dell'anima”, dove l'utilizzo della posta elettronica non appare mai frettoloso, ma sempre misurato, pensoso. I due colloquianti – attesi a soppesare parole e aggettivi per capire e farsi capire – vengono da storie e posizioni radicalmente diverse ma si confronto sullo stesso piano dell'amicizia e dell'ascolto vero. E le loro strade di ricerca s'incrociano nel luogo metaforico del binomio cella-silenzio: “Anche io sono carcerata – ammette Chiara nelle prime pagine alludendo all'eremo cittadino di Juri – . Non dentro una prigione vera e propria, ma nella cella di una malattia che non mi dà tregua da molti anni”.
Quanto scaturisce da questo scambio epistolare via mail non va raccontato oltre. Si parla molto di cambiamento personale, infinito e piccole cose quotidiane, perfino di piastrelle da contemplare nella noia e abbandono fiducioso in Dio. Ogni capitolo riserva qualche sorpresa, anche per l'alto grado di confidenza raggiunto dagli interlocutori; offre una meditazione molto laica e insieme spirituale, intrisa di terra e di cielo, di piccoli angoli personali e ampi orizzonti comunitari. Ogni riga però risulta essenziale, giacché non si sprecano le parole nel silenzio. Fino a quelle più pesanti ed esigenti, quelle dedicate alla verità della morte, al termine delle quali Chiara e Juri si congedano con un finale insolito: invitando ciascuno di noi a intervenire, a scrivere loro, come se quel dialogo fosse stato sempre aperto alla voce e al cuore dei lettori.
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