La festa per il 33° scudetto bianconero ha regalato anche qualche immagine di tenerezza. Purtroppo controcorrente nel mondo del calcio…
Torino, 21 maggio 2017 – Pulsa di vita vera, come il cortile di una scuola materna, lo Juventus Stadium. Sventolano le bandierone e le bandierine – 39 mila, una per spettatore – , salgono al cielo gli inni, si moltiplicano i selfie come fosse l'ultimo giorno di scuola. Ma anche questa è una festa di fine anno del tutto speciale (la Juve è l'unica società a farsi sei scudetti consecutivi, più ancora del Toro, e presto potrà forse eguagliare l'Inter mouriniana del Triplete), una festa nella quale i grandi campioni finalmente si fanno piccoli, costretti a scendere all'altezza dei loro bimbi.
Della vittoria decisiva col Crotone e della premiazione allestita in tempi record per le telecamere, resta negli occhi della memoria soprattutto quest'immagine inedita, spontanea: i giocatori della Juve che ad uno ad uno vanno a prendersi dalle mogli a bordo campo i loro figlioletti, in sgambettante attesa. Risulta l'abbraccio più gradito, il bacetto più spontaneo, forse anche il dribbling mimato più naturale – come fanno tutti a piedi nudi sulla spiaggia – anche per questi grandi divi dal contratto milionario, scandaloso nella sua sproporzione, che per nove mesi all'anno s'atteggiano ad eroi leggendari, come quasi tutti i calciatori di serie A: interviste commissionate, risposte scontate, spesso nemmeno un autografo per i tifosi in lunga attesa fin dai ritiri (a parte qualche eccezione). Invece, almeno oggi, la presenza dei bambini fa togliere loro la maschera, svela finalmente quel normale risvolto umano – così ricco, al punto da poter diventare esemplare – che troppi schemi mediatici hanno distrutto, lasciando prevalere il divo sull'uomo, anzi, sul papà.
E così ogni “chiamata” degli juventini sul tappeto blu della passerella regala un diverso quadretto familiare: ecco Giorgione Chiellini tenerissimo con le trecce della figlia, che finirà poi seduta dentro la Coppa; ecco quel birbone di Quadrado che dopo aver “shampato” di schiuma l'impassibile mister Allegri giochiccia a nascondino con la sua piccolina che porta sulla schiena la scritta “Papà”; poi c'è Bonucci, leader talvolta litigioso, che raccoglie applausi per il figlioletto Matteo (alla ribalta delle cronache nei mesi scorsi per un problema di salute) ed il “principe” Claudio Marchisio che non trattiene le lacrime con i suoi due numeri “otto”, proprio come lui (nella foto). Gigi Buffon, in passato lestissimo a dribblare i paparazzi, porta sul palco i suoi tre ragazzi, mentre il Kwadwo Asamoah fa gli scherzetti con i passetti incerti del primogenito, avvolto presto nei colori sgargianti della bandiera ghanese. Al termine, selfie di famiglia, anche per loro, compresi i nonni e gli zii ammessi sul campo (gli Ultas no, se ne stiano tranquilli) proprio come alle feste di compleanno.
Ma lo speaker non ha ancora finito di magnificare la Vecchia Signora, odiatamata dagli italiani, che per noi spettatori in tribuna arriva l'azione più bella della partita. Tenendo fra i piedi un pallone di plastica prestato da chissà quale nonna, i piccoli figli dello scudetto improvvisano in un angolo dell'immenso prato color smeraldo una partitella fra di loro, inseguendo la palla a frotte, come fanno tutti i pulcini e tutti i “piccoli amici” del mondo. La corsa sfrenata, libera da ogni procotocollo e imprevista da ogni regista, finisce con un involontario sgambetto. A subirlo è, neanche dirlo, il figlio di Lichtsteiner che si rialza in un attimo e riprende a correre, come tutti gli asilotti del mondo, per nulla costretti a diventare campioni.
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