Dibattiti, approfondimenti e spettacoli nella tre giorni in piazza Fiera
C’è un passaggio, dei tanti, durante la tre giorni “Siamo Europa. Dibattiti, approfondimenti e spettacoli sull’Unione europea”, al suo esordio, promossa dalla Fondazione trentina Alcide De Gasperi e dalla Provincia, svoltasi in piazza Fiera a Trento dal 12 al 14 maggio, che, forse, aiuta un po’ di più a comprendere, perlomeno a percepire, la crisi di un “vecchio” continente, di un’Unione allargata a 28 Paesi di cui diversi, soprattutto ad est, riottosi ad un’azione comune. Può sembrare una suggestione tra le tante emerse da parte di politologi, politici, storici, economisti e giornalisti intervenuti, ma se ben la si guarda appare paradigmatica di uno stallo, di un’incapacità, soprattutto da parte delle istituzioni continentali, con le dovute eccezioni, di comprendere nel profondo i cambiamenti facendone conseguire politiche appropriate.
Leila El Houssi è docente di Storia dei paesi islamici all’università di Padova. Presa la parola ad uno dei tanti dibattiti ha sottolineato quanto l’Europa “abbia voltato le spalle” a quei Paesi del nord Africa investiti, tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011, dalle primavere arabe, quando, invece, “si sarebbe dovuto accompagnare quei processi, sarebbe stato fondamentale”. Con il risultato, ha proseguito, che “il Mediterraneo è diventato un muro, non un ponte, perché è prevalsa una visione eurocentrica”. Non sono parole da poco, se queste hanno un peso, perché aiutano a decifrare, forzando un poco, per predisposizione, anche un fenomeno come quello dell’immigrazione che ha messo in fibrillazione l’intero continente e spaccato l’opinione pubblica, cavalcato com’è da movimenti populisti che del “no allo straniero” hanno fatto la loro bandiera “giocando” sulla paura, il timore, la crisi economica imperante, ancora oggi, che ha messo sul lastrico milioni di cittadini europei ai quali “i neri ruberebbero il lavoro e per i quali si spendono un sacco di soldi”. Nell’era della “post verità”, delle false notizie, passa di tutto e diventa percezione comune, sentire diffuso, tratto comune identitario. Anche se, va detto con forza, una solidarietà diffusa, che spesso arriva dal basso, ha nobilitato questo “sentire” che i padri fondatori, tra cui il trentino Alcide De Gasperi, avevano messo alla base della costituzione dell’Europa come spazio comune.
In molti hanno detto che la comunità europea ha garantito 70 anni di pace dopo due guerre mondiali, ma forse andrebbe anche ricordato che negli anni Novanta la Jugoslavia, appena al di là del confine orientale italiano, si è dissolta, i morti sono stati centinaia di migliaia, diversi degli Stati che ne sono nati non sono ancora stabili e le tensioni rimangono. E alcune nazioni europee non sono certo state estranee a quel massacro di uomini e culture.
“L’Europa esiste – ha detto il vicepresidente della giunta provinciale di Trento, Alessandro Olivi –. E’ una sfida che si gioca sui processi di integrazione, sul capitale umano, non sull’euro, liberandola da paure ed egoismi”. E non è compito da poco. Perché se il politologo Gian Enrico Rusconi afferma che “il progetto federale non è realizzabile” e che “non c’è ancora un vero governo continentale” se “l’Europa non è più il centro del mondo, anche se siamo in Europa più di quanto possiamo pensare”, come detto dal giornalista del Corsera Massimo Franco, se “la Ue non è stata in grado di far fronte ai problemi”, ha rincarato Pier Virgilio Dastoli, presidente del Consiglio italiano del Movimento europeo, se “L’Europa non funziona perché è un’utopia visto che non c’è un patto sociale”, ha sostenuto Thierry Vissol, già consigliere speciale della rappresentanza in Italia della Commissione europea, si può intuire, per usare un eufemismo, che la strada è ancora lunga e tortuosa e i problemi sul tappeto al di là dall’essere risolti.
Se poi dell’Europa, del suo funzionamento e regole, si conosce ben poco, la matassa si ingarbuglia contribuendo a far sentire ancora più lontana tale entità istituzionale. Lo ha messo in rilievo Claudio Giunta, docente di Letteratura italiana. “E’ un’istituzione che non si sa come funzioni – ha detto –. Il problema è rappresentato dalla scuola che non insegna a conoscerla. Bisognava invece scommetterci, ma adesso, forse, è troppo tardi”.
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