Il vincitore Erdoğan applaudito da Trump, criticato dall’Europa
All'indomani del controverso referendum che introduce in Turchia il sistema presidenzialista, il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha prorogato lo stato di emergenza – in vigore già da 9 mesi dopo il fallito golpe di luglio 2016 – di altri tre mesi. “La Turchia ha preso una decisione storica di cambiamento e trasformazione”, ha dichiarato Erdoğan – che ha ricevuto i complimenti di Donald Trump e dell’Arabia saudita – alla luce del 51,4% dei sì alla riforma. Per l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) il referendum non si è tenuto “all’altezza degli standard del Consiglio d’Europa”: non si ritiene regolare il conteggio delle schede non vidimate, il cui numero varierebbe da uno a tre milioni. Sul fronte interno contestano il risultato il partito dei kemalisti Chp e i filocurdi dello Hdp. Manifestazioni di piazza si sono svolte a Instabul, Ankara e Smirne. Ma in piazza è sceso anche il popolo fedele ad Erdoğan.
Il voto dà il via a cambiamenti costituzionali che conferiscono al presidente poteri più grandi: sparisce la figura del premier, si dà al presidente il potere di scegliere l’amministrazione, i ministri, i giudici (cambia la composizione del Consiglio supremo dei giudici e dei procuratori: 4 membri sono eletti dal presidente, 7 dal parlamento). Le nuove regole saranno varate da novembre 2019 e siccome il presidente potrà essere eletto per due tornate da 5 anni, è possibile che Erdoğan possa durare fino al 2029.
“La Turchia è divisa a metà”: è il commento all'agenzia Sir di monsignor Paolo Bizzeti, vicario apostolico di Anatolia, che rimarca come nonostante la massiccia campagna per il “Sì”, con il presidente Erdogan che si è speso in prima persona in incontri e comizi, la metà dei turchi non si sia lasciata convincere.
Nel frattempo Gabriele Del Grande, giornalista e documentarista, dal 10 aprile in stato di fermo in Turchia, nella provincia di Hatay, vicino al confine con la Siria, è riuscito a telefonare alla famiglia annunciando di aver iniziato lo sciopero della fame. Il ministro degli Esteri Angelino Alfano ha disposto l’invio a Mugla – dove Del Grande è detenuto – del console d’Italia a Smirne. La Federazione Nazionale della Stampa Italiana raccogliendo l'invito di Del Grande alla mobilitazione ha dedicato a lui e ai giornalisti turchi la sessione statutaria del Congresso tenutasi mercoledì 19 aprile a Roma.
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