“L’obiettivo del nostro intervento era quello di ristrutturare un vecchio edificio del centro storico a cui era annessa anche la sede storica del CEdiS per restituirlo alla comunità”, ha spiegato Giorgio Rossi, presidente della cooperativa storese. Il primo passo è stato l’acquisto della grande casa di proprietà della famiglia Demadonna, cui sono seguiti poi i lavori di ristrutturazione costati quasi un milione e mezzo di euro (di cui poco più di un milione dato dalla Pat e poco meno mezzo milione messo a disposizione dal CEdiS).
Ne sono stati ricavati nove appartamenti: sette sono in gestione all’Acli che li ha destinati a persone con più di 65 anni, uno, invece, è di proprietà del CEdiS mentre l’ultimo è stato dato alla famiglia Demadonna. Gli appartamenti sono assegnati attraverso la formula dell’usufrutto gratuito, fatte salve le spese condominiali, anche se l’utilizzo è vincolato alla residenza.
Di solidarietà e attenzione verso situazioni di bisogno ha parlato don Andrea, parroco di Storo, che ha sottolineato come “è importante aver recuperato un edificio bello come questo, ma sono ancora più importanti i mattoni che andiamo aggiungere a questo importante progetto sociale, indirizzato a persone bisognose di aiuto e di un sostegno particolare”.
A completare il quadro dei lavori la realizzazione un coworking, ossia uno spazio di lavoro condiviso rivolto ai giovani, con cinque postazioni fisse ed una sala riunioni comune ideato dal Comune di Storo e sostenuto dal BIM del Chiese e dal CEdiS. Ma anche la ristrutturazione del “Capetél da Régola”, addossato ad una parte dell’edificio e costruito in ricordo del colera del 1855, anno in cui l’epidemia contagiò 43 persone e produsse 14 morti tra il 12 agosto e il 22 settembre. Il nome deriva dal fatto che davanti ad esso si riunì fino a quarant’anni fa l’assemblea (in dialetto, appunto, “régola”) dei contadini per decidere attorno ad opere della comunità o dei proprietari di bestiame prima dell’alpeggio.
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