Il silenzio come un valore “da proporre a tutta la società, non solo in ambito educativo, come modo di riscoprire se stessi”
è visto come un vuoto o un peso, il silenzio. Qualcosa comunque da evitare o da riempire piuttosto con parole e suoni che non lo facciano notare. Qualcosa insomma da cui difendersi più che da amare.
Al tema “il silenzio nell'educazione” – lo recuperiamo nel Venerdì Santo che è giorno di silenzio – ha dedicato la sua apprezzata tesi di laurea Pamela Sartori, ventitreenne di Condino, fresca neolaureata alla Facoltà di Educazione Professionale Sanitaria a Rovereto, in cui il silenzio appare come un valore “da proporre a tutta la società, non solo in ambito educativo, come modo di riscoprire se stessi”.
È il silenzio per scelta: “Nella tesi – spiega l'educatrice – presento il silenzio che diventa una modalità di espressione; è il caso in cui chi è in silenzio non ha voglia o non riesce a parlare con la persona che ha davanti. Allora, dobbiamo solo capire cosa vuol dire quel silenzio allora”.
Pamela, che può applicare questi postulati nel lavoro presso la Cooperativa Sociale “Il Bucaneve” di Bersone, osserva come l’avvicinare l’altro fisicamente in questo caso sia di aiuto perché “la vicinanza fa comunque conoscere meglio la persona con cui si interloquisce e viene letta dall’altro come un gesto di accettazione che tranquillizza e convince a rivelare i propri problemi senza paure”.
Ma il silenzio non sempre è segno di sofferenza interiore, osserva Pamela (“Ci sono bambini ad esempio che hanno bisogno di cullarsi in esso per recuperare serenità. Questo silenzio va rispettato”). A volte è il tentativo di vivere in maniera più profonda certi momenti della vita.
Il silenzio può far paura per quello che vi possiamo scoprire dietro: “Ho paura che con il suo silenzio l’altro mi dica che sta male e non so come affrontarlo. Per cui evito il silenzio per non stare male anch’io”.
“Il silenzio deve essere fine e mezzo dell’educazione” diceva la stimata la stimata pedagogista marchigiana Maria Montessori e Pamela sottolinea questo valore positivo in ogni ambito della società.
Oggi la capacità di mantenere la pace interiore si è persa proprio perché sommersi dalle chiacchiere: Pamela richiama la dipendenza diffusa dai social network, dove non ascolto, chatto continuamente con “amici” virtuali, ma di fatto mi isolo dal mondo.
“Le nuove automobili – ecco un altro esempio – sono fornite ora di un dispositivo elettronico che in base al rumore del motore aumenta in automatico il volume della radio in modo da riempire il silenzio”.
Ma è nel silenzio – non giudicante, rispettoso dell’altro e accogliente – che riusciamo invece a ritrovare la vera relazione con noi stessi e con l’altro.
“Non si dovrebbe mai aver paurla del silenzio, nemmeno in chiesa, anche nell’ambito della liturgia, soprattutto in questo periodo della Settimana Santa, che potremmo vivere in maniera più profonda”, confida Pamela. La neolaureata non è certo introversa (“il tema è una provocazione per me, che faccio fatica a stare in silenzio”) e coltiva ora il desiderio di frequentare l’ “Accademia del Silenzio” di Anghiari in provincia di Arezzo, fondata da Duccio Demetrio. Chissà se Pamela ci riuscirà, ma già ora di fatto richiama tanti a scoprire la bellezza del silenzio. Il posto dove ognuno riesce a sentire il proprio animo e ad essere amico di quello dell’altro.
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