Il beato padre Mario, come ormai lo possiamo chiamare, si merita una festa perché la sua è stata una vita felice, e la nostra festa altro non è che un partecipare alla sua felicità
L’ormai prossima domenica 30 aprile ci troviamo duqnue a vivere l’attesa festa diocesana per l’ultimo santo trentino, il beato padre Mario Borzaga, trentino doc, martirizzato in Laos verso la fine dell’aprile 1960 con il suo catechista Paolo Thoj Xyooj. Il comitato istituito dall’arcivescovo, con la collaborazione dei Missionari Oblati di Maria Immacolata (la congregazione missionaria cui apparteneva p. Mario), ha predisposto una serie di iniziative che culmineranno nella Messa in Duomo il pomeriggio di domenica 30 (vedi pag. 24).
Mi chiedo che senso abbia far festa per un giovane di 27 anni, ucciso da un gruppo di fanatici indottrinati alla meno peggio e forse imbottiti di oppio nella boscaglia del nord del Laos insieme al suo amico diciottenne, i cui corpi furono lasciati lì senza che mai si sia potuto dare loro una decente sepoltura. Mi chiedo come si possa far festa pensando alla mamma di padre Mario, che sempre sperò di poter rivedere il suo figliolo.
È chiaro che non è per questi motivi che la Chiesa del Trentino festeggia p. Mario: che madre sarebbe la Chiesa se non piangesse per la morte di un suo generoso ragazzo che lasciò le sue amate montagne, senza mai più rivederle per annunciare il vangelo ad un popolo sperso fra i monti ed emarginato come i hmong?
Padre Mario, anzi il beato padre Mario (come ormai lo possiamo chiamare) si merita una festa perché la sua è stata una vita felice, e la nostra festa altro non è che un partecipare alla sua felicità. Egli ha intitolato il diario della sua vita: “Diario di un uomo felice”. Non è bello che un nostro giovane ci dica che la sua è stata una vita felice?
Scrive Papa Francesco all’inizio della “Evangelii Gaudium”: “Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata. Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene.” (EV n.2). No, la vita di p. Mario non ha conosciuto la “tristezza individualista”, ha conosciuto invece “la gioia del Vangelo che riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù” (EV n.1), quel Gesù che padre Mario aveva imparato a riconoscere come il “grande amico”. dal padre spirituale del nostro seminario, don Eugenio Bernardi.
Ecco il motivo della nostra festa: condividere la felicità che padre Mario ha trovato grazie a Gesù, all’amicizia con Lui.
A mio parere, è questa relazione di amicizia con Gesù che caratterizza la vita di p. Mario, come la conosciamo specialmente dal diario che egli scriveva per se stesso e che, da quando è stato pubblicato, per tante persone è stato occasione di crescita nella fede.
Qualche giorno prima della sua professione perpetua, p. Mario così si esprimeva: “Ho capito la mia vocazione: essere un uomo felice pur nello sforzo di identificarmi col Cristo crocifisso” (17.11.56), e alla sera del giorno della sua professione scriveva: “Gesù è tutto e non c’è nessun altro fra me e Lui”(21.11.56). Arrivato nel Laos da qualche giorno, scriveva: “Gesù attende con passione ogni mio passo verso di lui: crede alla mia fede e al mio amore” (5.12.57).
Non saranno sempre giorni facili, il 29 marzo 1960 nel suo diario scriveva: “Avanti, caro Mario, fa tutto con entusiasmo per guadagnarti anche un pezzetto di Paradiso. Gesù o si ama con entusiasmo e non lo si ama per nulla”. E qualche tempo prima aveva scritto: “Gesù mio, che io ti conosca e ti ami è il grido di ogni momento” (23.4.58). Ma egli non si perdeva d’animo: “ad ognuno che arriva alla mia porta gli dico in cuore: “O Gesù, io ti amo in questo mio povero fratello, per la sua sofferenza ti domando di perdonare i miei peccati”… perché tutti i fratelli hanno diritto al mio amore… Egli (Gesù) ti nutrirà di vita divina e di vita d’amore, purché tu sia completamente disposto a dimenticarti e a disinteressarti delle cose tue.” (30.3.60).
Ecco la strada della felicità che egli ha percorsa: grazie, padre Mario, per averla percorsa e per avercela indicata.
don Vittorio Zanotelli
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