Al centro della riflessione la testimonianza del beato Borzaga: “Non c'erano strade nella foresta ma non pensavamo ai rischi: c'era molto entusiasmo e si viveva con la fede. Mario ce l'aveva e sapeva vedere lontano"
Dieci rami d'ulivo abbracciano ognuno una rosa rossa ad essi unita per sempre. Fiori insanguinati, perché la costruzione della pace costa sacrificio e un dono di sé che per alcuni arriva, per fede, fino a quello della vita stessa. Sono i segni della testimonianza e della presenza dei martiri missionari portati all'altare da suore nigeriane, africane e una indiana durante la veglia presieduta dall'arcivescovo Lauro insieme a don Giuseppe Caldera nella chiesa di S. Francesco Saverio a Trento, venerdì 24 marzo, anniversario del martirio di monsignor Oscar Romero, vescovo di San Salvador nel piccolo Stato centroamericano di El Salvador.
La veglia si è svolta all'insegna del "Non abbiate paura" che Gesù risorto ripete ai suoi discepoli, lo slogan della 25ª Giornata di Preghiera e Digiuno in memoria dei Missionari Martiri, esortazione raccolta e incarnata da padre Mario Borzaga e dal suo catechista Paolo Thoj Xyooj, martiri in Laos nel 1970 e beatificati l'11 dicembre scorso, a cui è stata dedicata la preghiera, alternandola con la lettura di brani sulla loro vita tratti dal libro "Per le strade che avevo sognato. Il beato Mario Borzaga dalla Bolghera al Laos" (Vita Trentina, 2016) di monsignor Giulio Viviani.
"Eravamo giovani, non c'erano strade nella foresta e ci si spostava da un villaggio all'altro superando zone pericolose, ma non pensavamo ai rischi – ha detto con semplicità e gioia padre Gigi Sion, ricordando il confratello e amico padre Mario Borzaga -: c'era molto entusiasmo e si viveva con la fede. Mario ce l'aveva ed era anche un grande poeta, vedeva lontano mentre noi eravamo più materialisti". "In questi anni – ha proseguito – abbiamo assistito ad un crescendo di attenzione e interesse fino alla beatificazione di Mario, ma lui è sempre stato con noi, prima come compagno di seminario, allegro ed entusiasta, poi come guida che ha illuminato il nostro cammino".
"Oggi pomeriggio ho incontrato i bambini della prima comunione della val di Gresta – ha raccontato il vescovo Lauro – e ho domandato se è meglio fare il cameriere o sedersi a tavola e farsi servire. Loro hanno risposto che preferiscono fare i camerieri e la gioia della vita cristiana consiste proprio in questo, nel servire. Ho incontrato anche i profughi di Strigno: siamo il continente più triste del mondo, loro invece sono capaci di sorridere nonostante tutto".
Il Vescovo ha poi invitato ad aprire gli occhi: "Cercate miracoli? Eccoli: è il Vangelo che ha portato qui suore straniere. Ai tempi di padre Mario erano gli europei ad andare missionari in Africa, Asia, India, ora siamo noi a ricevere la buona notizia da chi viene da terre lontane e ci restituisce la fede: credete a loro, ai bambini che sono la bocca di Dio, a Gesù il vivente che fa fiorire il deserto".
Nel 2016, sono stati 29 i missionari morti in nome della fede e sono 215 milioni i cristiani perseguitati nel mondo come ha ricordato don Giuseppe Caldera. La pressione anticristiana cresce nelle regioni del Sud-est asiatico e dell'Asia meridionale, quella di matrice islamica è dominante in Medio Oriente, Nord-Africa e Africa Sub-Sahariana mentre in Corea del Nord la Chiesa è clandestina.
Come si può rispondere a tali realtà? "Vi auguro di diventare folli del Vangelo come padre Graziano Leonardelli che scriveva: Se il mondo impotente a resistere agli argomenti della verità, si sbarazzerà violentemente di noi, quella sarà la nostra più grande vittoria e il segno della loro sconfitta", ha concluso monsignor Tisi ricordando la figura del missionario ucciso in Cina nel 1937, rivolgendosi ai seminaristi che hanno animato con il canto la celebrazione.
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