Le testimonianze dei suoi compagni di Seminario in un confronto promosso dallo Stat
Un pomeriggio di spiritualità sulle tracce del nuovo beato padre Mario Borzaga è stato proposto come ritiro quaresimale mercoledì 15 marzo allo Studio Teologico Accademico Tridentino. Meditazioni, testi e testimonianze a partire dalla lettura di alcune pagine del diario di Borzaga. Commentandole il direttore dello STAT don Giulio Viviani ha sottolineat due idee fondamentali per il cristiano in perfetta consonanza con gli scritti di Mario Borzaga: il tema dell’essere sempre discepoli missionari e la centralità della croce nella vita del cristiano. Di queste dimensioni padre Mario è un testimone autentico e consapevole. La croce fa parte essenziale della sua vita; è il vero perno della sua spiritualità, come egli stesso ha scritto: “Ho capito la mia vocazione: essere un uomo felice pur nello sforzo di identificarmi col Cristo Crocifisso” (Diario, 17.10.1956).
Il cuore del pomeriggio è stata la Santa Messa celebrata presieduta dall'arcivescovo emerito Luigi Bressan, grande artefice del lavoro svolto per la beatificazione di Padre Mario e del suo collaboratore, il giovane catechista Paolo. Alla celebrazione hanno partecipato, oltre i professori e i superiori del Seminario, anche alcuni dei sacerdoti ordinati nel 1956, compagni di studi nel Seminario Minore e Maggiore di Mario Borzaga. L’invito del Vangelo, commentato da mons. Luigi Bressan, era quello di seguire l'esempio di Cristo di servire e non di farsi servire.
È poi stata proposta un'interessante tavola rotonda con vari contributi. Ha aperto la rassegna il seminarista e Diacono Luca Tomasi che, facendo riferimento al suo recente lavoro di Baccalaureato sulla situazione del Seminario di Trento negli anni dopo la prima guerra mondiale, ha presentato la figura di Mario Borzaga nel contesto storico del periodo. Un tempo in cui il Seminario era vera fucina di tre dimensioni tipiche dell'opera della diocesi: quella vocazionale, quella verso la santità e quella missionaria. Mario appare come il frutto della fecondità di una Chiesa viva e vivace.
Quindi è intervenuto il professor don Cristiano Bettega che ha dato una lettura teologica degli scritti di padre Mario, soprattutto di alcune pagine del suo Diario evidenziando due aspetti, tipicamente legati alla cristologia, presenti nella spiritualità e nel pensiero del Borzaga: quella della normalità è quella dell'umiltà. Sono le due strade con cui padre Mario ha dato la risposta alla domanda fondamentale che Cristo rivolge a tutti coloro che guardano a lui: chi sono io per te? Mario ha operato nella consapevolezza non solo di portare il Vangelo ma di trovarlo là dove egli si è recato. La santa normalità di Mario Borzaga ci fa incontrare con la stessa realtà di Dio, del Dio incarnato.
Un’altra interessante prospettiva è stata lanciata da don Daniele Armani, che nel suo lavoro di Baccalaureato qualche anno fa in seminario presso lo STAT, aveva delineato la figura del suo prozio Padre Remo Armani, anche lui missionario, trucidato nel Congo. Questi si era incontrato con il giovane Borzaga a Pré di Ledro quando era curato di Campi di Riva, dove si era recato a predicare un triduo. Daniele Armani ha evidenziato come la figura del suo prozio è quella di Mario Borzaga sono frutti della predicazione, dell'esempio e della guida spirituale del grande don Eugenio Bernardi.
La tavola rotonda ha avuto un bell’epilogo nelle testimonianze di chi ha conosciuto da vicino Padre Mario. Anzitutto don Livio Dallabrida che ha ricordato l'episodio della visita militare di padre Mario, quando ebbe il coraggio di rimproverare chi non si comportava bene; ama ebbe anche la delicata attenzione di aiutare i militari che scrivevano una lettera alle loro fidanzate! Poi don Giorgio Bolognani che ha evidenziato la dimensione contemplativa presente nella vita di Mario Borzaga, come lui lo ha accostato e conosciuto da vicino, soprattutto in occasione delle vacanze estive. Un altro compagno, don Valentino Chiocchetti, ha ricordato una poesia che Mario aveva trascritto per lui in occasione del suo onomastico con una delicatezza d'animo e insieme la capacità di vivere profondamente da cristiano l’amicizia e la solidarietà con i suoi compagni. Ha concluso la serata la sorella Lucia che ha ricordato come Mario sia un Santo senza aureola e come ogni Santo ha una sua specificità. Anche Mario ha così offerto il suo contributo alla Chiesa.
Il pomeriggio si è concluso con la preghiera dei Vespri, presieduti dal Rettore, nella cappella dove padre Mario tante volte aveva pregato con i suoi compagni, con la sua comunità del Seminario. Forse questo è stato il miglior modo per ricordare Mario in una casa dove anche lui ha passato, dove anche lui ha vissuto lasciando un segno della sua santità. Una nota di colore è stata offerta dalla sorella Lucia quando ha voluto precisare che Mario – come era stato ricordato – non era salito sul cornicione della chiesa di Pré di Ledro (nei giorni in cui era parroco lo zio don Giulio Conci) per fare pulizia ma solo per giocare, per divertimento. Simpatico questo Beato di casa nostra che la Chiesa ci propone come modello nella sua umanità, nella sua semplicità e nella sua capacità di vivere su questa terra da cittadino del mondo e da cittadino del cielo.
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